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Guerra in Ucraina: mettendo in fila i fatti

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Prima c’è stato il SARS-CoV-2 (acronimo dall’inglese Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2). Era la fine del 2019 quando è stato individuato. E c’è tutt’ora.

L’Economia mondiale, soprattutto quella occidentale, ne ha subito, e ne sta subendo, gravi conseguenze anche sul piano economico: con l’aumento del debito pubblico dei singoli Stati e con la riduzione di spesa in vari settori non toccati dall’emergenza. Tra cui quello militare.

Nello stesso anno, anzi tra il 2019 e 2020, ci sono state – in seguito alla repressione cinese – le grandi proteste di Hong Kong. Arrivate quattro anni e mezzo dopo la Rivoluzione degli ombrelli del 2014: una protesta pacifica per evitare una riforma elettorale restrittiva della democrazia nell’ex colonia tornata alla Cina sette anni prima. Contro la repressione di Pechino, a parte un fronte occidentale che rilevava una violazione cinese degli accordi del 1984 (“un paese due sistemi”) assunti con la Gran Bretagna, non c’è stato un intervento diretto e forte di tutta la comunità internazionale che è risultata divisa. E la Cina ha potuto affermare il principio di “non ingerenza negli affari interni” da parte di altri Stati.

Nel 2014, il 18 marzo, c’era stata l’annessione russa della Crimea e le conseguenti autoproclamazioni di indipendenza delle regioni russofone del Donbass. A cui sono seguite sanzioni economiche, evidentemente troppo blande, dell’Occidente e senza un suo intervento diretto. E in Transnistria era già presente un contingente di militari di Mosca.

Poi, quest’anno, nel 2022, ci sono state le Olimpiadi in Cina. Con il solenne incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin. Ma più concretamente con gli accordi precedentemente siglati dagli stessi due leader sul “flusso del gas” verso la Cina. Una serie di gasdotti che permetterà alla Russia di “compensare i danni” per un’eventuale riduzione di forniture all’Europa. E magari assicurandosi anche i finanziamenti di Xi Jinping per far fronte alle misure sul fronte bancario di UE e USA. Anche se Putin in questi anni aveva incrementato le riserve in oro e in valute pregiate, oltre a portare il debito russo a solo il 20% del PIL. Al contrario del mondo occidentale, come visto.

In più organizzandosi, ma così anche la Cina, verso il possibile utilizzo di criptovalute. Tutte misure in grado di sopperire per un periodo non breve alle sanzioni conseguenti a una guerra.

E la guerra c’è stata. Proprio a conclusione delle Olimpiadi, durante le quali, peraltro, già si erano mosse le truppe di Mosca. E anche quando il SARS-CoV-2 sembrava aver allentato la sua morsa. Ma c’era un quadro geopolitico che forse agevolava l’origine dell’invasione dell’Ucraina. Gli ultimi anni avevano visto gli USA spostare la loro attenzione verso l’Asia, verso la Cina, e soprattutto su Taiwan. A discapito di quella solitamente rivolta all’Europa. L’aggressività russa ora ha forse riorientato l’attenzione americana verso il vecchio continente. E magari da parte russa – con spettatore interessato la Cina che rivendica la sovranità su Taiwan – c’è stata anche la volontà di “saggiare” la capacità di risposta occidentale all’aggressione dell’Ucraina.

Risposta occidentale che forse era stata blanda in precedenza, nel 2014, con l’annessione russa della Crimea, e che è forse è stata anche controproducente perché ha fatto stringere il rapporto tra Mosca e Pechino: non solo in merito all’interscambio commerciale, ma anche per la loro collaborazione sul fronte politico e della sicurezza, motivata, tra l’altro, anche dalla comune avversione nei confronti degli Stati Uniti.  E si tratta di due potenze nucleari.

Nemmeno dimentichiamo che negli ultimi anni la Russia ha ottenuto un accesso strategico al Mediterraneo con una sua presenza in Siria e in Libia.

(Elaborazione da https://d-maps.com)

E Mosca considera fondamentale la presenza su questo mare per avere una maggiore capacità di influenza internazionale attraverso anche il pericolo militare. Così come sul Mar Baltico. Dove a rischio ci sono Estonia, Lettonia e Lituania, membri della Nato. Ed è a rischio anche la stessa Polonia (altro paese Nato) per una possibile creazione di un corridoio (corridoio o linea Suwalki) lungo i 104 km del confine polacco-lituano. Un confine strategico che potrebbe congiungere la Bielorussia (e quindi la Russia) a Kaliningrad, città di un territorio russo ora isolato via terra dal resto del paese. Ma il corridoio Suwalki è oltremodo strategico anche per Nato, perché è l’unico collegamento tra Polonia e Paesi baltici via terra.

(Elaborazione da https://d-maps.com – in viola i paesi Nato)

Dai fatti attuali elencati viene però alla mente un altro periodo storico. Quando si parla di seconda guerra mondiale si immagina la Germania di Hitler. Ma gli antefatti al conflitto avevano messo in luce un altro importante attore, poi fondamentale contro il nazismo: la Russia.

Andiamo per ordine. Hitler salì al potere nel 1933 e creò in Germania il Terzo Reich, dopo l’umiliazione probabilmente troppo severa – sia economica che con gravi perdite di territori – in seguito alla sconfitta nella prima guerra mondiale.

Il Terzo Reich si ispirò all’ideologia nazionalsocialista, all’antisemitismo, all’ultranazionalismo tedesco.

Possiamo oggi trovare dichiarazioni che fanno riferimento all’ultranazionalismo, al panslavismo e nella riconquista di territori persi dopo il crollo del muro di Berlino e il discioglimento dell’Urss.

La Germania nel 1938 annunciò l’annessione dell’Austria. Nel 2014 c’è stata l’annessione russa della Crimea.

La Germania, sempre nel 1938 costrinse la Cecoslovacchia prima a cedere la regione dei Sudeti (popolata da tedeschi) in un accordo di pace, che poi non rispettò fino a conquistare l’intero Stato nel 1939 (Boemia e Moravia diventarono protettorato del Reich, mentre in Slovacchia si instaurò un governo fantoccio della Germania).

E oggi: dal 2014 le due regioni russofone del Donbass si sono autoproclamate Repubbliche, incoraggiate dall’annessione russa della Crimea, e ottenendo la “protezione” della stessa Russia. In Trasnistria, territorio Moldavo, ci sono militari del Cremlino. In Georgia (nelle regioni di Ossezia del Sud e Abcasia) nel 2008 c’è stata una guerra con le truppe di Mosca. In Ucraina c’è tutt’ora. E c’è un’escalation.

Ma torniamo al 1939, quando c’è fu il trattato di non aggressione fra il Reich tedesco e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, detto patto Molotov-Ribbentrop (o patto Hitler-Stalin). In tale ambito un protocollo segreto tra loro stabilì la divisione di due sfere di influenza: all’Urss Hitler assicurò mano libera sulla Polonia orientale, in Finlandia, nei Paesi Baltici e nella Bessarabia (dove adesso si trova anche la Transnistria) per ristabilire i vecchi confini dell’Impero zarista, mentre Stalin lasciò libera la Germania di invadere la Polonia occidentale senza dover temere una fronte di guerra con l’Urss.

Venne di fatto decisa la spartizione della Polonia tra Hitler e Stalin.

Ma il 31 marzo 1939 Francia e Gran Bretagna annunciarono che avrebbero garantiranno l’indipendenza e l’integrità territoriale della Polonia contro eventuali aggressori.

Il 1° settembre 1939 le truppe tedesche attraversarono la frontiera polacca occidentale. Due giorni dopo – onorando il proprio impegno di garanti dell’integrità territoriale della Polonia – Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania. Ma non alla Russia, che Il 17 settembre invase la Polonia orientale. Spingendosi poi negli altri territori, in linea con quanto previsto nel patto Molotov-Ribbentrop.

E anche allora c’era un fronte asiatico.

E anche allora c’era uno Stato che si era preparato per tempo militarmente.

Ovviamente non si intende fare nessun parallelo specifico con i protagonisti di allora. Soprattutto rispetto a chi si è macchiato di così gravi crimini contro l’umanità. Anche perché l’Urss venne attaccata a sorpresa nel 1941 e invasa dai nazisti che la occuparono. Solo dopo la decisiva vittoria sovietica di Stalingrado, nell’inverno 1942-43, cominciò la riconquista russa dei propri territori e l’avanzata, negli anni seguenti, fino a Berlino. Pagando comunque un prezzo altissimo in perdite di vite umane militari e civili: oltre 20 milioni, il più alto.

Ma l’ulltranazionalismo – unito all’imperialismo, allo spirito di revanche, alla capacità e potenza militare – oggi come allora rappresenta sempre un grave pericolo per la pace. Soprattutto in presenza di regimi non esattamente democratici. Almeno secondo la concezione occidentale.

E speriamo che la Storia non si ripeta, anche se, come sottolineava lo scrittore statunitense Samuel Langhorne Clemens: “qualche volta fa rima con sé stessa”.


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