Comprensibile la scelta di alcuni mezzi di comunicazione, e tra essi la RAI, di ritirare inviati e corrispondenti dalla Russia. Rischiavano più loro, a quanto pare, degli inviati in Ucraina: paradossale e tragicamente significativo che un giornalista per fare il suo lavoro, corra più pericoli a Mosca che a Kiyv.
Con il sigillo del Parlamento russo (le dittature ci tengono alle parvenze di legalità), è entrata in vigore una legge che, per la diffusione delle cosiddette fake news, aumenta le pene fino a quindici anni. In conseguenza di ciò una quantità di organi di informazione indipendenti, come il canale “Dozd TV”, hanno chiuso. Fino a qualche giorno fa c’era una radio “Echo Moskvy”, attendibile; per questo ha dovuto cessare le trasmissioni; funzionava come You tube. Il conduttore di “Dozd TV” fa in tempo a intervistare due giornaliste di “Echo Moskvy”: “Come fate con la legge sulle fake news?”. “Non ci riguarda, noi non diffondiamo fake news, noi diciamo la verità”, hanno risposto le due ragazze. Dopo non molto “Gazprom”, proprietaria di “Echo Moskvy”, ha chiuso anche quel canale.
Non mi sogno dunque di criticare la decisione assunta dalla RAI, da “Canale 5” e dagli altri mezzi di informazione; mi interrogo solo: se fossero invece rimasti, limitandosi a riportare in modo neutro e burocratico, i comunicati ufficiali del Cremlino e della sua propaganda; se avessero mostrato i filmati trasmessi dalla TV moscovita, con la debita avvertenza: questo è quello che ci hanno comunicato, questo è quello che vedono, sentono, leggono i russi… Ecco: anche il mostrare la disinformazione sistematica e pervicace degli autocrati al potere a Mosca, non è forse anche questo un modo per fare informazione, per svelare la menzogna che accompagna il terrificante abominio di una guerra pianificata, voluta e condotta da Putin contro una popolazione di nulla colpevole se non di voler vivere con gli stessi valori che animano la nostra vita?
La RAI avverte che saranno confezionati comunque servizi che riguardano la Russia dalla redazione centrale di Roma, o da capitali di paesi vicini. Sarebbe opportuno ricordarlo in apertura e chiusura di ogni servizio: non si trasmette da Mosca e dalla Russia perché viene impedito di poter lavorare liberamente.
Ps.: non so se la Commissione Parlamentare di Vigilanza italiana abbia dato seguito (o se intenda darlo) all’annuncio di chiedere “chiarimenti” in seguito al deciso dalla dirigenza RAI dei giornalisti dalla Russia. M chiedo se non abbiano nulla di meglio da fare, in Commissione parlamentare. Ad ogni modo manderei i corrispondenti e gli inviati costretti a non fare più il loro lavoro, a fornire i “chiarimenti” richiesti. Magari ne approfitterebbero per chiarire anche qualcos’altro.