Il 17 febbraio del 2022 per qualcuno resterà una data storica: sono le 3 di notte i carabinieri eseguono le ordinanze di custodia cautelare a carico di 65 persone tutti gli uomini del clan Gallace e della locale di Santa Cristina d’Aspromonte di Anzio e Nettuno. Cadono nella rete persino due carabinieri del nucleo investigativo della compagnia dei carabinieri di Anzio per loro sono pesantissime le accuse: concorso esterno in associazione mafiosa e rilevazione di segreti d’ufficio. Le manette scattano ai polsi del capo della locale di Anzio e Nettuno Giacomo Madaffari detto Giacomino. Il suo bar era il punto di riferimento per molti appartenenti alla “classe dirigente” di Anzio. Uomo di poche parole estremamente prudente, attento e accorto fino ai limiti della paranoia-secondo il pm della DDA di Roma Giovanni Musarò e per il gip Sabatini -aveva un elevatissimo prestigio criminale che ha usato spesso per evitare omicidi sul territorio e contrasti con altri gruppi criminali. Al vertice della locale ci sono altri due esponenti di spicco dei Gallace: Bruno Gallace l’uomo dei maxi traffici di cocaina e Davide Perronace detto il capellone. Bruno è uno dei fratelli Gallace che hanno fatto crescere il clan e le sue proiezioni al centro nord, poi ci sono: Vincenzo all’ergastolo per molti omicidi tra la Lombardia e la Calabria, Cosimo Damiano Gallace boss e “mago” del narco traffico arrestato il 7 ottobre del 2022 dai carabinieri del GIS nel suo bunker, Antonio Gallace detto Michael Jackson latitante da un anno e tre mesi, deve scontare una pena per associazione di tipo mafioso al termine del lunghissimo processo APPIA, Pietro Gallace che è il fratello più “buono” ha infatti ricevuto solo una piccola condanna per spaccio di droga. Davide Perronace imprenditore e grande amico di diversi esponenti apicali dell’amministrazione di Anzio, discende da una famiglia storica del clan, il padre Nicola Perronace ospitava-secondo il racconto del collaboratore di giustizia Giacomo Lauro-il boss Cosimo Ruga che negli anni settanta passava la latitanza a Falasche località di Anzio. Il processo di colonizzazione del litorale romano da nuclei delle famiglie Gallace-Perronace- Tedesco- Maddafari è pertanto consolidato e risale agli anni 50-60. Nel maxi blitz del 17 febbraio scorso è emerso che la locale di ndrangheta attiva su Anzio e Nettuno è in realtà un “distaccamento” del locale di Santa Cristina in Aspromonte, composto da appartenenti della famiglia dei Gallace di Guardavalle con a capo: Giacomo Maddafari, Bruno Gallace e Davide Perronace. Un locale di ndrangheta “atipico” con due associazioni finalizzate al narcotraffico, una capeggiata da Giacomo Madaffari e l’altra da Bruno Gallace, entrambi con doti di altissimo livello della Società Maggiore, quindi coloro che hanno ottenuto la “Santa”, che è un grado elevato per meriti criminosi, con tentacoli in mezza Italia e in Europa dotate di elevate disponibilità finanziarie e logistiche, nonché delle capacità di approvvigionare e importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina. Ad evidenziare l’intensità dei collegamenti della ndrangheta nel Lazio è sufficiente rileggere le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Fonti degli anni 90’:” Roma non ha un Locale stante la sua posizione di capitale politica del Paese, vi sono invece molte ‘ndrine distaccate, pertanto, il territorio di Roma è una sorta di territorio santo, dove chi ha più forza può accedere”. La supremazia e l’egemonia su tutto il territorio dove i Gallace, con il passare del tempo, sono riusciti ad imporre la loro superiorità avvalendosi principalmente della forza di intimidazione e di assoggettamento e di omertà su gran parte della popolazione di Anzio, Nettuno ed Ardea. Nessuna delle vittime ha mai collaborato in questi decenni, le denunce delle vittime delle estorsioni del clan calabrese non esistono agli atti di nessuna delle indagini dal 2004 ad oggi. Il litorale romano ha ora una grande occasione per iniziare il suo riscatto dalla ‘ndrangheta che assieme alle camorre e a cosa nostra catanese influenza in maniera nefasta tutta l’area tra Pomezia, Ardea, Aprilia, Anzio e Nettuno. L’occasione del riscatto passa dalla denuncia delle vittime dei soprusi dei clan, se non si rompe il “muro di omertà” nel litorale cambierà davvero poco. Il riscatto passa anche attraverso il contrasto delle contaminazioni nei confronti delle amministrazioni locali e di una parte della classe politica locale. La prefettura di Roma ha insediato-solamente dopo l’operazione Tritone- due commissioni di accesso in seno alle amministrazioni di Anzio e Nettuno. Compito dei commissari sarà quello di verificare l’esistenza di un condizionamento mafioso. Le commissioni giungono dopo gli arresti mentre per anni associazioni antimafia, la commissione parlamentare antimafia (con la sua relazione conclusiva del 2018) e numerose interrogazioni parlamentari avevano denunciano le pericolose interferenze delle organizzazioni mafiose nei due comuni. Denunce ignorate o sottovalutate fino agli arresti.