Pochi giorni fa il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto ufficialmente l’indipendenza dei distretti del Donetsk e del Lugansk, andando a creare uno Stato cuscinetto nel Donbass, territorio filo russo situato a ridosso del confine, che da nord a sud percorre l’Ucraina, includendo di fatto la Crimea, dal 2014 annessa alla Federazione Russa. Ma per capire effettivamente tutto quello scritto finora in queste righe dobbiamo fare un piccolo salto nel passato. Fin dai tempi del medioevo, la storia dell’Ucraina si fonde con quella della Grande Russia con l’insediamento della Rus’ di Kiev, uno Stato monarchico governato dal variago Rjurik, al tempo un grande guerriero, che intorno al secolo IX, dà vita a ciò che potremmo definire l’origine della potenza e dell’immensità russa. Il territorio verso il XVIII secolo, sotto lo Zar Pietro I diventa uno dei tasselli dell’Impero russo. In seguito alla Rivoluzione bolscevica, nel ‘900, l’Ucraina si divide in tre Stati. La conseguenza è una guerra ucraino-sovietica, durata dal 1918 al 1922, che alla fine termina con un’annessione totale all’URSS. Con lo scioglimento dell’ Unione Sovietica, l’Ucraina avvia il processo di separazione, fino a raggiungere l’atto di indipendenza nell’anno 1991. Il 2004 per l’Ucraina è l’anno della “rivoluzione arancione”, che vede il paese avvicinarsi all’Europa, vista da quest’ultima come l’area perfetta contro l’espansione della Russia. Ma alcuni movimenti e crisi politiche trasformano il sogno ucraino in una rivoluzione nel febbraio del 2014, soprattutto contro l’allora presidente Yanukovich, che si rifiuta di firmare l’accordo di associazione con la comunità europea. Dal canto suo la Russia non rimane ad osservare in silenzio, poiché l’area in questione è un punto strategico per il transito del gas russo venduto ai paesi occidentali. Non appena il presidente Yanukovich viene privato di tutte le sue autorità e poteri, il presidente russo Vladimir Putin dà inizio ad un’azione militare per annettere alla Russia la penisola di Crimea, abitata in prevalenza da cittadini di etnia russa, con il preciso obbiettivo di riportare sotto l’influenza di Mosca l’Ucraina. E così dal 2014 fino all’anno successivo sopra quei cieli, artiglieria pesante e scie luminose diventano lo sfondo e la colonna sonora dell’Europa dell’est. Uno spettacolo che non si vedeva dai tempi del secondo conflitto mondiale. Esplosioni, carri armati, immagini apocalittiche. Di conseguenza nel 2014 cominciano a soffiare venti di guerra tra le popolazioni di etnia russa dei distretti di Donetsk e Lugansk contro il governo ucraino, secondo alcuni alimentate da una vera e propria campagna di controllo sulle informazioni condotta da Mosca. Di lì a poco i rivoltosi, dopo aver occupato edifici e basi militari, proclamano l’indipendenza delle due repubbliche di Donetsk e Lugansk, contribuendo alla costituzione di milizie armate personali. Per gli esperti, è facile tirare le somme e arrivare alla conclusione che dietro ad una così rapida creazione di queste milizie c’è sicuramente l’intervento della Russia di Putin. Dopo la perdita della Crimea e di fronte al rischio di perdere un’ampia porzione di territorio, sede tra l’altro di importanti infrastrutture minerarie e industriali, la reazione del governo ucraino non si fa attendere e il 15 aprile del 2014 le forze ucraine danno il via alla cosiddetta ATO, ovvero operazione anti-terrorismo, con il solo scopo di riconquistare tutto il territorio del Donbass. Tutta la regione viene suddivisa in 5 settori dai comandi ucraini e ben presto cominciano a operare l’esercito ucraino, affiancato da formazioni di volontari appartenenti all’estrema destra, come il reparto formato dal movimento Pravyi Sektor, o altre formazioni come i noti battaglioni Donbass, Azov, Aidar e Kharkiv oltre ovviamente alla guardia nazionale. Durante questa operazione anti-terrorismo dal mese di aprile fino a giugno, le forze ucraine riescono nell’intento di riconquistare importanti zone strategiche, come ad esempio la città costiera di Mariupol, che si affaccia sulle rive del Mar d’Azov, l’aeroporto di Donetsk, e la base aerea di Kramatorsk. I militari ucraini riescono inoltre ad isolare la città di Sloviansk. Un successo dopo l’altro per l’offensiva ucraina che si prefigge l’obbiettivo di riassumere il controllo della frontiera contro la Federazione Russa, fornitrice di aiuti per i ribelli come soldati, armi, mezzi corazzati…. Ma l’Ucraina non si ferma e nei mesi di luglio e di agosto del 2014 la campagna di riconquista del Donbass continua con importanti successi, seppur incontrando una forte resistenza delle forze separatiste. E quando le forze ucraine iniziano a posizionarsi lungo la frontiera, l’esercito russo interviene contro di loro con devastanti concentramenti di fuoco e un dispiegamento di uomini e mezzi senza precedenti. Il giorno 11 luglio a Zelenopillya, nella regione di Lugansk, avviene la più significativa e devastante azione di fuoco che in pochi minuti neutralizza completamente due interi battaglioni ucraini. A metà dello stesso mese, che viene tristemente ricordato anche per l’abbattimento del volo civile MH-17 della Malaysia Airlines, colpito accidentalmente da un missile di una batteria controaerei mentre sorvola l’area di fuoco e precipita con a bordo 298 persone, c’è una battuta di arresto da parte dell’offensiva governativa, dovuta anche agli attacchi delle forze separatiste e da importanti problemi logistici. E così dopo numerosi successi l’esercito ucraino si ritrova quasi completamente accerchiato, ma nonostante le grandi difficoltà, tra la fine di luglio ed il mese di agosto del 2014, le forze di Kiev con grande determinazione proseguono la loro avanzata per fermare le due repubbliche ribelli. Il 28 luglio viene nuovamente occupato lo snodo stradale e ferroviario di Debaltsevo, ma a quel punto le forze in attacco puntano sull’area di Savur-Mohyla, ma di fronte ad una accanita resistenza e di alcuni settori accerchiati in quell’area sono costretti alla resa. Le forze di Kiev ad agosto tentano nuovamente di lanciare un nuovo attacco contro Molopino, Ilovaisk e Savur-Mohyla, ma l’operazione si conclude nel peggiore dei modi. I separatisti, chiaramente appoggiati dalla Russia e da distaccamenti Spetsnaz sono impenetrabili. Nonostante la grande forza dei ribelli, i separatisti subiscono notevoli perdite e il 23 agosto delle unità regolari della Federazione Russa intervengono nel Donbass, con un devastante contrattacco contro le forze di Kiev. Seppur mai ammessa da Mosca, questa devastante operazione, è condotta da otto battaglioni meccanizzati-corazzati combinati e con un ampio supporto di artiglieria in modo da ottenere un successo travolgente con effetto immediato. In quei giorni la controffensiva russa viene sviluppata con una grande manovra di accerchiamento nei pressi di Ilovaisk, intrappolando gli elementi di quattro brigate e di 4 battaglioni delle forze di Kiev annientandoli. Poi, in direzione nord, l’intervento delle forze corazzate russe il 1° settembre del 2014, porta alla riconquista dell’aeroporto di Lugansk, mentre invece a sud, dopo aver occupato Novoazovsk, l’offensiva raggiunge perfino i sobborghi di Mariupol. In circa una settimana, l’intervento delle forze russe stravolge e capovolge del tutto il destino del conflitto. Ma poco dopo le prime vittorie iniziali, più che altro a causa di alcuni problemi logistici e strategici, l’offensiva russa perde lo slancio iniziale. Nel frattempo le pressioni della comunità internazionale si fanno sempre più pesanti e questo riporta al tavolo delle trattative i governi di Mosca e di Kiev con un accordo di cessate il fuoco stipulato il 5 settembre, e denominato Minsk I, dal nome della capitale Bielorussa dove si sono svolti i colloqui per l’accordo. Accordo che dura poco, considerando che già dalla fine di quello stesso mese, ripartono gli scontri per il possesso dell’aeroporto di Donetsk, dove ancora sono presenti reparti di paracadutisti dell’Ucraina. Dopo 4 mesi dall’inizio delle ostilità, il 22 gennaio 2015 i paracadutisti ucraini abbandonano l’area. Nel frattempo gli attacchi dei russo-separatisti diventano una vera e propria seconda controffensiva, concentrata in modo particolare nel settore di Debaltsevo, aumentando notevolmente di intensità. Gli attacchi dei Russi e dei separatisti diventano sempre più violenti e il 19 febbraio gli ucraini superstiti sono costretti ad abbandonare la città per mettersi in salvo. I fatti di Debaltsevo riescono comunque a febbraio 2015 ad ottenere un nuovo cessate il fuoco nuovamente con l’impegno della comunità internazionale con un secondo accordo denominato Minsk II, seppur ancora una volta violato da altri feroci scontri fino al 1 luglio 2015 nei pressi di Mariupol. Ma ora è il momento di fare qualche passo in avanti. Il 24 febbraio 2022, Putin invade l’Ucraina dell’attuale Presidente Zelenskyy. Il motivo? Secondo le fonti ufficiali russe per dare protezione agli ucraini filo russi presenti in due zone dell’Ucraina filo russe che si sono autoproclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk, ma anche per avviare la smilitarizzazione del Paese che la Russia di Putin vorrebbe neutrale e lontana dagli occhi e dalle mani degli occidentali. Non c’è bisogno di fare ulteriori approfondimenti. Sta accadendo oggi. Ogni giorno. Davanti ai nostri occhi. La storia si ripete. Sempre. Spegnete il televisore. In nome della Pace.