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Don Peppe Diana e gli altri preti odiati dalla mafia. Il valore del suo messaggio nel 2022

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Ovunque ti giri in certe aree difficili, martoriate dalla mafia, li trovi. Preti che predicano legalità. Odiati dai clan, che quando possono li ammazzano. E appena possono lanciano loro segnali intimidatori. E’ accaduto negli anni 90, accade ancora. Oggi sono 28 anni esatti dalla morte di don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra nel suo pase, Casal di Principe, nella canonica della sua chiesa, mentre si accingeva a celebrare messa la mattina del 19 marzo 1994. Un agguato orribile, che, come accaduto altre volte, ha trasformato quella tragedia, quel gesto eclatante ed emblematico messo in atto dal clan dei casalesi nella tappa di inizio della speranza, della riscossa, di una rinnovata battaglia civile contro la camorra. Come dimostra tutto ciò che è accaduto da allora in avanti a Casal di Principe.
L’anno seguente, nella notte tra il 29 e il 30 marzo  del 1995, don Cesare Boschin viene ucciso nella sua canonica, un episodi su cui non è mai arrivata verità e giustizia. Si sa però che don Boschin aveva criticato certi traffici sospetti verso la discarica di Borgo Montello a Latina, il sito che si trova giusto di fronte quella canonica. Molto tempo dopo è emerso da atti giudiziari e dichiarazioni di pentiti che la discarica di Latina venne usata per stoccare rifiuti speciali e che c’erano interessi dei clan.
Eppure quasi 30 anni dopo l’odio per i rappresentanti della Chiesa cattolica che parlano e agiscono contro le mafie non si è attenuato. E nemmeno la ferocia. Appena pochi giorni fa una bomba carta è esplosa all’esterno del cancello della chiesa di Don Maurizio Patriciello nel Parco Verde di Caivano ed è stato il secondo atto intimidatorio indirizzato ad un sacerdote nel giro di una settimana. Infatti una scena simile la si è vista nella “insospettabile” Roma. Era in corso una fiaccolata organizzata dal “prete anti-spaccio” Don Antonio Coluccia al Laurentino 38, uno dei quartieri dove i padroni dello spaccio di droga non perdonano chi li critica. Don Antonio già da tempo è costretto a vivere sotto protezione. Nel 2022 due sacerdoti schierati in prima linea nella lotta contro la criminalità sono entrati nel mirino della criminalità organizzata e accade in due luoghi solo in apparenza distanti ma in condizioni sovrapponibili. Il fatto è che i clan non sono disposti, nemmeno oggi, a perdonare i simboli della legalità.

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