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Succede che una notte vadano in fumo tutte le speranze ed emergano, tutte insieme, le contraddizioni di uno dei più importanti segmenti dell’economia del Lazio, l’agricoltura di Latina. Succede che ci sia un guasto alla stufetta che riscalda la baracca di lamiere in cui “abitano” due braccianti indiani. Entrambi stavano dormendo e uno solo è riuscito a fuggire, l’altro è morto carbonizzato. Inutile l’allarme lanciato dall’amico, la sua testimonianza sarà utile ai carabinieri per capire l’accaduto ma alcuni elementi sono già chiari. Questa è la storia di due dei tantissimi lavoratori stranieri impiegati in agricoltura nell’area pontina che vivono in condizioni precarie, al limite della schiavitù, molto al di sotto della soglia di povertà, sfruttati di giorno, dimenticati in giacigli di fortuna di notte. E’ una realtà ancora negata. La tragedia è avvenuta la scorsa notte dentro un’azienda di San Felice Circeo, nel triangolo di maggiore produzione di ortaggi, uno dei distretti più importanti d’Italia, dove sono stati accesi i riflettori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul lavoro nero e il caporalato lo scorso giugno, dove vige un protocollo di emersione e aiuti. Ma dove si muore nelle baracche. I braccianti in provincia di Latina sono circa 24mila, oltre il 90% è composto da stranieri quasi tutti indiani. Per ottenere il permesso di soggiorno finalizzato al lavoro è necessario allegare alla domanda da presentare in questura un certificato abitativo che attesti le buone condizioni degli alloggi. Negli ultimi mesi i controlli di Questura e Prefettura si sono fatti più stringenti ma si teme che nelle domande ci siano degli attestati falsi. la scorsa settimana la Corte d’Assise di Latina ha emesso una condanna pesantissima (senza precedenti) nei confronti di 27 persone accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina comminando una multa di 95 milioni di euro e 108 anni di carcere complessivi. Un verdetto che rispecchia lo stato reale delle cose in quella provincia.
