Le decisioni del Cremlino «rappresentano in modo simbolico la biografia di Putin, che evidentemente non ha mai superato il suo passato di funzionario del Kgb», denuncia il sindacato italiano. Gutiérrez (Efj): «Questa nuova ondata di censura dimostra che il regime ha più paura che mai del lavoro dei reporter».
«Il dittatore, dopo aver imbavagliato i giornalisti a casa sua, ora cerca di imbavagliarli a casa loro. Le decisioni di Mosca di puntare a colpire la torre della televisione ucraina e contestualmente di chiudere due media indipendenti rappresentano in modo simbolico la biografia di Putin, che evidentemente non ha mai superato il suo passato di funzionario del Kgb». Lo afferma la Federazione nazionale della Stampa italiana, che «si associa alla protesta già formulata dalla Federazione europea dei giornalisti» e ritiene «indispensabile che oltre le solidarietà si organizzi una vera e propria catena di aiuti per consentire alle voci critiche di potersi esprimere anche in Russia».
Il blocco degli accessi a Dozhd TV e radio Ekho Moskvy imposto dalle autorità russe martedì 1° marzo era stato subito condannato con forza dalla Efj, che aveva anche contestato l’annuncio della Duma, la Camera bassa del parlamento russo, di star valutando l’approvazione di pesanti sanzioni penali per punire la diffusione di notizie false sulle operazioni dell’esercito russo.
«Questa nuova ondata di censura contro media e giornalisti indipendenti, che si aggiunge alle restrizioni imposte la scorsa settimana dal regolatore statale russo dei media, dimostra che il regime di Putin ha più paura che mai del lavoro dei giornalisti», è il commento del segretario generale della Efj, Ricardo Gutiérrez.
«Ma si tratta – insiste – di tentativi inutili: Putin si illude di poter nascondere la verità a un’opinione pubblica russa che non esita più a esprimere la sua opposizione alla guerra».