E’ morto solo, era solo. L’ultimo suicidio in carcere è quello di un giovane detenuto straniero e la sua storia ripropone la difficoltà che sta attraversando la popolazione carceraria in Italia. A riportare tutti (o almeno molti) alla realtà è un post che racconta questa vicenda ed è del Garante regionale per le persone in regime di restrizione nel Lazio, Stefano Anastasìa.
“Ancora un suicidio a Regina Coeli. Ancora una volta un ragazzo straniero che, pare, non facesse colloqui con nessuno. Ancora una volta con la bomboletta per la cottura dei cibi. – scrive – Il Garante nazionale ha già richiamato l’attenzione su questa incredibile escalation di suicidi in carcere dall’inizio dell’anno (dodici con questo di oggi). Ogni caso è storia a sè, ma qualcosa li tiene insieme tutti: l’insopportabilità del carcere, in generale e, in particolare durante la pandemia. Speriamo che arrivi finalmente il tempo della riforma del carcere e, soprattutto, della sua riduzione all’extrema ratio della sanzione penale”.
La pandemia, pure richiamata dal Garante dei detenuti del Lazio, è il dramma nel dramma già noto di molti detenuti, giovani, soli, lontani dalla loro terra e dalla loro famiglia, fuori dalle notizie “di tendenza” che parlano di migranti come fossero tutti delinquenti e quando arrestati destinati (troppo spesso e troppo facilmente) ad essere dimenticati.