“Ora che il procedimento contro Marco è bloccato in Corte di appello l’iter giudiziario è fermo, è tutto un rinvio degli incontri extragiudiziari per alzare la posta facendosi beffa di Marco e dell’ambasciatore italiano Gianluigi Vassallo, pronto a garantire per un accordo tra le parti. Questa storia deve essere trattata e definita a livello superiore. Lo Stato deve convincersi che si tratta di un vero e proprio sequestro. Non ci sono più neppure le date delle udienze, siamo in attesa che venga deciso qualcosa. Se il ricorso sarà accolto o meno”
A parlare è Cristiano Zennaro, padre dell’imprenditore arrestato in Sudan nell’aprile del 2021 e bloccato nel Paese nell’attesa che giunga a termine l’iter processuale di cui è imputato.
Nelle scorse settimane Cristiano è rientrato in Italia, spaventato dall’irruzione dei miliziani nel suo albergo e dalla voce che fosse nell’aria un mandato di arresto contro di lui.
“Da giorni Marco è di nuovo solo in un Sudan sempre più destabilizzato da manifestazioni e brutali repressioni – sottolinea il genitore che sin dal primo momento è rimasto accanto al figlio battendosi strenuamente per lui – L’unica consolazione è la linea internet che dalla foresteria dell’ambasciata italiana di Khartoum gli permette di comunicare con sua moglie e le figlie”.
L’imprenditore 47enne è accusato di aver venduto tramite un intermediario una partita di trasformatori “non conformi” ma il tribunale sudanese ha fatto cadere tutti i procedimenti penali; resta solo uno strascico civile, che però basta per impedire al nostro concittadino di lasciare il Paese.
Ora il suo fascicolo è fermo in attesa di un ricorso in Appello che ha ulteriormente rallentato la possibile soluzione del caso, che si stava profilando con l’intervento diretto dell’ambasciatore italiano a Khartoum.
E Zennaro resta bloccato da un travel ban che non gli permette di lasciare il Paese. Un impedimento pretestuoso visto che tutte le accuse penali sono state archiviate.