Qui oggi non ci occupiamo di geopolitica, o di politica estera. Sappiamo tutti che le tensioni tra Russia e Ucraina coinvolgono anche l’Europa e l’Italia, e la collocazione internazionale del nostro Paese è molto chiara e non intende minimamente negare il diritto dell’Ucraina alla sua sovranità e alla sicurezza dei suoi confini.
Qui oggi ricordiamo semplicemente – per così dire – Andrea Rocchelli, che in Ucraina, per mano della Guardia nazionale e delle forze armate regolari, è stato ucciso, insieme all’attivista russo Andrei Mironov, mentre effettuava nel Dombass un servizio fotografico, uno dei tanti con cui testimoniava le violazioni dei diritti umani del mondo. Il processo ha scagionato l’imputato, un paramilitare ucraino con cittadinanza italiana, e l’omicidio è rimasto per ora senza colpevoli, anche se l’iter giudiziario continua, a livello internazionale. La sentenza ha riconosciuto però che la morte di Andrea è avvenuta ad opera di militari o paramilitari ucraini.
Noi ricordiamo oggi Andrea che era un giornalista, ma non aveva la tessera di giornalista, quella tessera che mostra a tutti di essere portatori di diritti e doveri rafforzati, per l’opera di informazione che svolgiamo. Andrea i suoi doveri di testimoniare, con le sue foto, la verità li ha adempiuti tutti, fino in fondo; ma i suoi diritti sono stati violentemente calpestati.
Avremmo tutti preferito che Andrea fosse venuto qui, tra i tanti, a ritirare la sua tessera nell’ufficio all’atrio dell’Ordine della Lombardia; ma non è andata così. Consegniamo quindi oggi, in ritardo, una tessera alla memoria, “ad honorem”. Un gesto simbolico, certo. Un gesto inutile? No, perché in questo modo l’Ordine, che è ente pubblico, fa parte – nella sua autonomia – dello Stato italiano, riconosce che Andrea era, al di là di ogni dubbio, un vero giornalista. In questo modo, questa tessera che oggi consegniamo ai genitori di Andrea, Rino Rocchelli ed Elisa Signori Rocchelli, arricchisce il ricordo di un giovane che a questo lavoro ha dedicato, letteralmente, la vita.