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Vent’anni da uomo libero, da imprenditore che ha sfidato la mafia dicendo no al pizzo

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Gaetano Saffioti, imprenditore edile calabrese di Palmi (Reggio Calabria) il 25 gennaio del 2002 fece arrestare 48 mafiosi dopo averne subito minacce e vessazioni per poter continuare la sua attività lavorativa.
La vita sotto scorta, la possibilità di avere un supporto economico dello Stato a cui ha rinunciato per poter continuare a lavorare nella sua terra pur tra mille difficoltà.
“Può sembrare strano ma io mi sento un uomo libero, lo sono – spiega Gaetano Saffioti-. Molti pensano che la libertà si riduca alla possibilità di uscire di casa, e i 2 anni di pandemia lo insegnano, ma non è così. La libertà è dentro di noi, è la consapevolezza di non dover dire grazie a nessuno, di non dover piegare la testa, di non essere richiamati all’ordine da chi un giorno ci ha fatto una cortesia che dobbiamo ripagare”.
Oggi l’imprenditore festeggia 4 lustri dal suo no definitivo e ufficiale al cappio al collo da parte delle ‘ndrine calabresi, un no che ha portato all’arresto per associazione mafiosa di 48 esponenti dei clan Bellocco, Mazzagatti, Romeo, Nasone, Piromalli e Gallico.
Da allora per Gaetano sono arrivate la scorta e le difficoltà evidenti sul lavoro.
“Eppure proprio in questi anni mi sono sentito un uomo libero – dice. – oggi festeggio 20 anni da imprenditore libero, da calabrese libero, che ha deciso di denunciare e rimanere nel suo paese. Scappare sarebbe stato facile, ma non possiamo pretendere di cambiare e migliorare la terra in cui viviamo se non lo facciamo noi per primi.  Non restiamo indifferenti, è una questione di rispetto per se stessi e per gli altri. Vincere le mafie e la corruzione si può fare perché lo Stato siamo noi. Scegliete di viverla, la vita, anche a piedi scalzi ma mai in ginocchio. Qualsiasi prezzo val bene la libertà”.
Figlio di imprenditore del settore oleario, dedicatosi poi all’edilizia, Gaetano sorride consapevole davanti al mutamento che la sua scelta di vita ha portato nella sfera professionale.
“Un tempo quando partecipava alle gare mi capitava di vincerne, ogni tanto. In questi vent’anni invece è stato sempre più difficile, quasi come fossi diventato incapace anziché accumulare esperienza col passare del tempo. È così che va, la libertà costa cara ma vale la pena sopra ogni cosa. Mentre si discute di covid e ci si macera nella confusione in questo periodo storico, dimentichiamo o minimizziamo l’avanzata della mafia sul tessuto economico-produttivo su quello sociale. Questo è drammatico”.
Fabiana Pacella

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