Alla vigilia del Festival di Sanremo, che anche quest’anno terrà milioni di italiani e di italiane incollati al televisore per cinque serate, è doveroso ricordare Luigi Tenco, in occasione del cinquantacinquesimo anniversario della sua scomparsa.
Luigi Tenco, classe 1938, aveva appena ventotto anni quando venne bocciata “Ciao amore, ciao”, una delle sue canzoni più belle, forse inadatta a un contesto come quello del Festival, forse troppo avanti per quell’epoca, per fortuna destinata a restare nella nostra memoria collettiva.
Ventotto anni e un dolore che non se ne andrà mai, specie se si considera la ferita che quella perdita ha inferto a una generazione che anche grazie alla sua arte aveva imparato a sognare e a credere in se stessa.
Tenco, figlio di quella scuola genovese che tanti cantautori ci ha regalato, era un poeta malinconico, un lirico narratore del supplizio dell’uomo e della società, rassegnato ma mai davvero arreso, comunque in grado di distillare emozioni potentissime, profondo come pochi altri artisti e per questo immortale.
Di lui, della sua tragedia, della sua storia maledetta eppure colma di umanità e di bellezza ci rimangono negli occhi e nel cuore alcune immagini, la sua voce inconfondibile, la sua gentilezza d’animo e la sua fragilità, la stessa che probabilmente gli è stata fatale in una stagione meno brutale di quella che stiamo vivendo attualmente ma già infestata dalla violenza e dalle incomprensioni.
Non a caso, fu un altro poeta universale, Fabrizio De André, a dedicargli un capolavoro in grado di rendere giustizia alla sua grandezza e al suo dramma. Recita una strofa di quel capolavoro: “Dio di misericordia / il tuo bel Paradiso / l’hai fatto soprattutto / per chi non ha sorriso / per quelli che han vissuto / con la coscienza pura / l’inferno esiste solo / per chi ne ha paura”.
Luigi Tenco ci ricorda, dunque, la nostra ipocrisia, la nostra crudeltà gratuita, la nostra ingiustizia, la nostra incapacità di restare umani e la nostra determinazione nel perseverare lungo la via del male. Con il suo gesto straziante si è sacrificato per tutti. E noi, con le lacrime agli occhi, oltre mezzo secolo dopo, gli rendiamo un commosso omaggio.
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