BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Riccardo, Stefano e Denis. Tre omicidi efferati per i quali la Giustizia è andata in tilt…

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L’altro ieri la Corte Europea dei diritti dell’Uomo chiede spiegazioni al Governo Italiano sulla mostruosa morte di Riccardo Magherini, ieri la discussione finale nel processo Cucchi ter, quello contro “ i generali “ per i depistaggi, dopodomani l’udienza avanti alla Corte di Assise di Cosenza per il processo per l’omicidio Bergamini. Magherini, Cucchi e Bergamini nell’ordine cronologico di queste giornate difficilissime ma dense di emozioni profonde. Di vita vissuta ma anche di dolore e morte.
Esiste un chiaro filo conduttore che lega le tre vicende. Chiamarle così è senz’altro riduttivo. Ma non mi viene in mente un altro termine più adeguato. Tre omicidi efferati, così io penso, per i quali la Giustizia è andata in tilt distruggendo anche le vite delle famiglie nel costringerle ad una lunghissima ed estenuante battaglia per ottenere il riconoscimento di una verità che, per Riccardo, Stefano e Denis, era sotto gli occhi di tutti fin dai primi momenti immediatamente successivi ai delitti.

Riccardo ha perso la vita 8 anni fa a Firenze.
Abbiamo faticosamente ottenuto un processo che di fatto è stato tutto sulle nostre spalle. È stato necessario che Guido ed Andrea rinunciassero a dare sepoltura al loro caro conservandolo, su mia richiesta, in una cella frigorifera per ben 6 mesi. Questo ha consentito una rinnovazione di autopsia che ha riconosciuto in maniera netta  ed inconfutabile il contributo causale alla morte di Riccardo dell’asfissia inflittagli dai carabinieri che lo fermarono a Firenze la notte del 3 Marzo 2014. Sono conseguite due sentenze di condanna di Tribunale e Corte d’Appello di Firenze. Ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione a cancellare tutto con un ‘violento’ colpo di spugna annullando senza rinvio quelle condanne ed assolvendo tutti gli imputati sull’elemento psicologico. ‘ i Carabinieri non potevano e non erano di fatto tenuti ad accorgersi che quell’uomo stava morendo asfissiato’. Questo, in buona sostanza, il senso di una sentenza che fece scalpore, suscitò sconcerto e venne aspramente criticata dai giuristi.

Ora la CEDU, dopo aver esaminato il nostro ricorso, chiede stringenti ed estremamente significative spiegazioni al nostro Governo sull’intera vicenda qualificandola come ‘ impact case’. Come questione, cioè, di massima importanza suscettibile di determinare nello Stato che dovesse subire l’eventuale condanna, l’Italia, un cambio giurisprudenziale o legislativo.
Stefano Cucchi è stato violentissimamente pestato, a Roma, dai Carabinieri, dopo il suo arresto, la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009. Ne vennero divulgati i devastanti effetti pubblicando le drammatiche fotografie del suo povero corpo che indignarono tutto il Paese. Ma ciò non fu sufficiente perchè si era già messa in moto la potentissima macchina dei depistaggi ad opera della famigerata scala gerarchica romana.
Fu cosi che Stefano venne fatto morire di droga, poi di fame e di sete poi ancora di epilessia. Vennero letteralmente inventate la “tossico-dipendenza in fase avanzata, l’anoressia” ed addirittura la “siero-positività”. Si configurò il reato di lesioni lievi e ne vennero accusate le persone sbagliate: gli agenti di polizia penitenziaria.

Dodici anni di processi. Oltre 150 udienze. Dodici anni di insulti per la famiglia Cucchi che non termineranno mai.
Oggi i veri autori di quel terribile pestaggio sono stati condannati anche in appello dalla Corte d’Assise a 13 anni di reclusione ed i depistatori sono a processo. Per loro il Pubblico Ministero ha chiesto pene pesanti.
Denis Bergamini venne ucciso il 18 novembre 1989 a Rossano Calabro sulla statale ionica.
Venne goffamente simulato un investimento ad opera di un camion e poi sostenuto che si era trattato, in realtà, di un suicidio.
La Procura di Castrovillari non fece il suo dovere. Venne effettuata una semplice ricognizione cadaverica nella quale vennero descritte lesività inesistenti. I vestiti di Denis non vennero sequestrati. Non venne disposta autopsia se non dopo ben 40 giorni.
Si celebrò un surreale processo per omicidio colposo a carico conducente di quel camion che terminò con la sua assoluzione poi confermata anche in appello.
La tesi liberatoria era, appunto, quella del suicidio. Un vero e proprio insulto alla verità.
La sua famiglia era benestante e si impegnò con tutte le sue forze per anni, come i Magherini ed i Cucchi, per ottenere dallo Stato verità e Giustizia.
Sono passati 30 anni di archiviazioni inaccettabili ma ora, appunto, abbiamo ottenuto il giusto e dovuto processo.

Quante energie profuse. Quante umiliazioni subite. Quanto dolore aggiunto a quello, insopportabile delle perdite subite.
Tre famiglie devastate, stremate. Ed io con loro.
Storie a lieto fine, direte. Ma voi vivete un pò con Guido Clementina ed Andrea, con Ilaria, Giovanni e Rita. Con Donata.
Solo così potrete capire la devastazione delle loro vite pulite e semplici. E tutta la mia rabbia.
Per questo quando sento parlare di riforma della Giustizia  proprio nei termini in cui se ne parla in televisione, cambio canale pensando: andate a raccontarlo a loro


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