Duole dirlo, ma è un’ipocrisia inaccettabile quella di una politica incapace di assumersi le proprie responsabilità. Lorenzo Parelli, diciott’anni, non è morto per caso; o meglio, non solo. Lorenzo è morto per via di un modello economico e di sviluppo insostenibile e pericoloso, è morto per il profitto, per il business, per la sicurezza sul lavoro sempre più sacrificata in nome del PIL e della ripresa dell’economia. Non importa se non sia questo il caso specifico, può anche darsi; anzi, vogliamo sperare che l’azienda in cui era andato a svolgere il suo stage avesse tutte le carte in regola e che possa dimostrarlo senza problemi, per il bene della collettività, di chi vi lavora e anche dei suoi proprietari. Ciò, però, non cambia la sostanza del nostro ragionamento.
Lorenzo è stato ucciso dall’idea che a diciott’anni, anziché stare in classe a imparare la vita, si debba andare a imparare un mestiere, senza alcun rispetto per il fisiologico bisogno di pace, tranquillità e svago che caratterizza gli esseri umani e, in particolare, i più giovani. A uccidere Lorenzo è stata una putrella, e questo è stato senz’altro un incidente, ma il vero assassino è il liberismo sfrenato e selvaggio che da quattro decenni ha trasformato il capitalismo occidentale in un boia. Non ne usciremo migliori, anzi non ne usciremo proprio, se non avremo il coraggio di contrastare attivamente questo modo di vivere e di essere. E la scuola, disumanizzata e trasformata in azienda, sempre più rispondente a logiche commerciali, sempre più priva di attenzione ai diritti e alle esigenze degli ultimi, sempre più fucina di disuguaglianze e ingiustizie, la scuola da ascensore sociale è stata trasformata in vetrina, promotrice di iniquità, simbolo della cristallizzazione del potere e della ricchezza, emblema di un fordismo fuori tempo massimo che le nuove tecnologie manderanno presto in pensione.
Lungi da noi qualsivoglia forma di sciacallaggio: chi muove accuse del genere non merita alcuna risposta. Eravamo contrari all’alternanza scuola – lavoro in precedenza e lo siamo anche adesso. Eravamo contrari perché siamo contrari all’impianto ideologico della Buona scuola renziana, perché riteniamo che abbia sconvolto il patto di fiducia fra insegnanti e studenti, perché pensiamo che costituisca lo specchio fedele di una stagione amara e perché siamo convinti che il Partito Democratico, per avere un futuro, debba fare ammenda e liberarsi dai propri demoni. E fra questi c’è sicuramente la visione aziendalista, tutta improntata al business e al feticcio del PIL, confindustriale nel senso più deteriore del termine e thatcheriana nella sostanza, che ha caratterizzato una fase nella quale quel soggetto politico si è allontanato in maniera siderale dalla propria gente e da una base elettorale che, sgomenta, ha preferito votare altro.
Lorenzo è vittima di quattro decenni di indecente cattiveria, del lavoro inteso come mero sfruttamento, della scuola privata di mezzi e autorevolezza, dei giovani calpestati e privati di ogni diritto, quando non proprio massacrati di botte e sottoposti a torture indicibili, delle speranze calpestate e derise, di una politica che ha smarrito il senso della propria funzione sociale e di una sinistra che ormai si commenta da sola. Ecco, se Letta e soci vogliono recuperare non dico qualche voto, anche perché sarebbe intollerabile ridurre tutto a una mera questione di voti, ma una bussola e una ragione di esistere, dovrebbero porre al centro del dibattito pubblico l’abolizione immediata di uno strumento dannoso e controproducente che, anche quando non uccide materialmente le persone, le costringe comunque a subire un’umiliazione che nessuno merita. Non che imparare un mestiere sia un male, ci mancherebbe altro, ma ciò deve avvenire nei tempi e nei modi giusti, non in anni che dovrebbero essere dedicati alla libertà, alla crescita, allo sviluppo di passioni e alla piena comprensione di se stessi e del proprio posto nel mondo.
L’alternanza scuola – lavoro, al pari del numero chiuso all’università, della pessima riforma Fioroni e di altri assurdi provvedimenti assunti nel corso degli ultimi decenni dal sedicente centrosinistra, fa parte di un armamentario blairiano che ha ridotto il campo progressista all’irrilevanza, suscitando il motivato disgusto di ampi settori del suo elettorato. Tornare indietro, cioè guardare avanti, è l’unica possibilità che ha questo schieramento per recuperare un minimo di credibilità. Con meno di questo, e lo dico da cittadino e da elettore di sinistra, alle prossime elezioni farebbero miglior figura a non presentarsi proprio.
P.S. Compie novant’anni la mitica Settimana Enigmistica, nata grazie a un’intuizione dell’ingegnere sassarese Giorgio Susini e compagna d’avventure di molte e molti di noi da quando siamo bambini. Una passione che si tramanda di generazione in generazione, un rito corale che speriamo non abbia mai fine.
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