Nei giorni scorsi ha sconvolto la notizia dell’uccisione del giovane Breiner David Cucuñame López, quattordicenne colombiano coinvolto in una sparatoria nel dipartimento rurale del Cauca, nella zona di Las Delicias (municipio di Buenos Aires). La notizia sui fatti, commessi lo scorso 14 gennaio è stata diffusa tardivamente ed ha subito fatto clamore per la giovane età del ragazzo. Tuttavia, non si tratta di un caso isolato poiché da anni la Colombia vive un vero e proprio dramma. Solo nel 2021, infatti, la Defensoria del Pueblo, organismo pubblico incaricato del monitoraggio della violenza contro chi difende la natura e le sue risorse, ha denunciato l’uccisione di almeno 145 attivisti colombiani. Nel 2020, il rapporto del Global Witness, ne contava 65 e 227 in tutto il mondo. Un incremento che preoccupa e che deve far riflettere. L’Instituto de estudios para el desarrollo y la paz (Indepaz) riporta dati allarmanti. Nel 2021, secondo quanto emerge dal rapporto, sono stati assassinati “171 leader sociali, 48 ex guerriglieri delle Farc, altre 335 vittime tra difensori della terra e ambientalisti, ma anche semplici abitanti di poveri villaggi”.
Nessuna pace per donne e bambini. Il flop di un accordo senza futuro
Fino al novembre del 2016 il paese sudamericano viveva gli sconvolgimenti di una guerra interna lunga più di mezzo secolo. Un conflitto che ha generato più di 200mila morti e quasi 6 milioni di sfollati. Che ha travolto donne e bambini con oltre 15mila vittime di reati sessuali e circa 18mila bambini soldato reclutati per rafforzare il fronte. Una guerra nata e alimentata dalla contrapposizione tra liberali e conservatori tra la fine del 19esimo e l’inizio del 20esimo secolo. La situazione sembrava destinata a cambiare con la stesura e la firma della pace di Bogotà tra la guerriglia e lo Stato. Tale fu l’attenzione mondiale che l’allora presidente Santos venne insignito del Nobel per la pace. Una speranza ulteriormente sfumata con il continuo e incessante proliferare delle bande armate paramilitari, non più ideologizzate ma mosse e animate dalla brama di potere e dal denaro, in continua lotta tra loro per gestire il mercato del narcotraffico. La “mano” che ha ucciso il giovane David appartiene, con molta probabilità, ad un esponente del gruppo armato le Farc (Fuerzas armadas revolucionarias colombianas). Guerriglieri che si accaniscono contro i popoli nativi che, attraverso pattugliamenti e azioni di difesa si contrappongono al loro arbitrario esercizio del potere.
Il bastón de mando come arma
Breiner David prestava servizio come “guardiano della Madre Terra” ed era impegnato in operazioni di pattugliamento insieme ad altri due uomini (uno dei quali è rimasto ucciso). Gli i attivisti, in questa zona, si organizzano per difendere le riserve naturali da saccheggi e razzie, senza alcuna protezione governativa e a rischio della vita. Il loro simbolo è il cosiddetto “bastone del comando”, unica arma nelle mani della “guardia indigena studentesca Kiwe Thegna”. Uno strumento simbolo che non fa scudo contro le armi da fuoco e che non ha protetto né David né tutti gli altri.