A David Sassoli mi legano molti ricordi: alcuni dell’infanzia e dell’adolescenza, altri di quando già facevo parte da tempo di quest’associazione. La prima volta che ebbi modo di toccare con mano la sua incredibile professionalità fu nell’estate del 2001, quando nei giorni drammatici del G8 fu lui a condurre l’edizione straordinaria in cui venne dato l’annuncio della morte di un manifestante, quando ancora non se ne conosceva nemmeno la nazionalità. E fu sempre lui , nei giorni successivi, a tenere dritta la barra di un servizio pubblico che stava già pesantemente sbandando, facendo in modo che non dovessimo vergognarci per una gestione dell’informazione sulla quale è opportuno sorvolare. David Sassoli, del resto, è sempre stato questo: un uomo mite e deciso, tenace e concreto, un figlio dell’area Zac e del miglior cattolicesimo democratico, un giornalista puntiglioso ma mai scostante, mai sopra le righe, sempre capace di scavare a fondo nelle notizie fino a trovarne l’anima.
Il secondo ricordo è legato a un’intervista, che David mi concesse pochi giorni prima delle Europee del 2009. Avevo diciannove anni, andavo ancora al liceo ma non ebbe problemi a rispondere a un ragazzo, manifestando apertura mentale e grandissimo rispetto, lo stesso che lo ha sempre caratterizzato nell’arco di una lunghissima carriera.
Il politico Sassoli l’ho ritrovato, invece, nella mia breve ma intensa militanza nel Partito Democrarico e nell’area cui entrambi appartenevano all’epoca e poi, come detto, in Articolo 21. Quante volte è stato al nostro fianco in innumerevoli battaglie! Contro il razzismo, contro ogni discriminazione, dalla parte degli ultimi, per la libertà d’informazione, per i diritti umani: bastava chiamarlo e David c’era sempre. L’ultima volta è stata nel marzo del 2020, pochi giorni prima che il Covid paralizzasse il mondo. Eravamo al Ghetto ebraico per l’installazione di una panchina, un simbolo contro l’indifferenza e la barbarie, nel luogo in cui il 16 ottobre del ’43 era avvenuto l’infame rastrellamento di oltre mille ebrei, di cui ne sarebbero tornati indietro appena sedici.
David Sassoli era un giornalista, e una persona, che non si tirava mai indietro. Quando c’era un diritto da conquistare o da difendere era sempre in prima linea. Quando c’era da schierarsi, anche su questioni scomode e che la politica tende spesso a ignorare, lui non mancava mai.
Da presidente del Parlamento europeo ha ribadito ogni giorno l’importanza dell’inclusione e dell’integrazione nel Vecchio Continente, contro tutti i muri e i fili spinati.
Con lui se ne va una certa idea, potremmo dire lapiriana, del mondo. Se ne va la gentilezza di chi vuole sempre e comunque capire. Se ne va la dolcezza di chi sa usare le parole e ne conosce il peso e il significato. Se ne va un amico che aveva contribuito a far nascere quest’associazione e che ha sempre camminato al nostro fianco. Continuerà a farlo da lassù e noi lo sentiremo vicino. Sappiamo, tuttavia, che non sarà mai la stessa cosa.
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