Nel libro dei Proverbi è scritto: ‘[u]n uomo saggio vale più di uno forte’.[1] Julian Assange, in un’interessante registrazione per BBC Radio 4, ci ricorda l’importanza di queste parole antiche, tra le prime ad affermare l’idea che la conoscenza è potere (‘scientia potentia est’, scriveva Hobbes nel 1658).[2]
E’ potente l’idea di creare una piattaforma che permetta alle fonti (in inglese, whistleblowers) di far trapelare documenti di pubblico interesse in modo anonimo e sicuro. Una potenza che si vede ora riflessa nel trattamento cui è stato sottoposto il suo ideatore: prima, l’isolamento in un piccolo appartamento di un’ambasciata nel centro di Londra, senza neanche la possibilità di un’ora d’aria giornaliera, per circa 7 anni; poi, una detenzione in una prigione di massima sicurezza, con la minaccia incombente di un’estradizione e di una conseguente reclusione, con una pena che potrebbe estendersi fino a 175 anni. In pratica, la certezza di non vedere più la luce del sole.
Una lenta, meticolosa agonia che sta aggravando le condizioni salute del fondatore di Wikileaks, il quale ha avuto un ictus lo scorso 27 ottobre –ovvero, il giorno della seconda udienza del processo d’appello. Già nel maggio 2019 il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura, dopo aver visitato Assange in carcere insieme a due psichiatri, aveva avvertito del rischio di un rapido deterioramento della sua salute.[3] I ripetuti appelli del Professor Melzer di rilasciare Assange, cui si sono uniti quelli di varie organizzazioni per le libertà civili e i diritti umani,[4] sono rimasti inascoltati. E la stampa cosiddetta mainstream –anche quella che si servì delle pubblicazioni di Wikileaks– salvo nobili eccezioni, sembra continuare a volgere lo sguardo altrove per non vedere il sempre più ingombrante elefante nella stanza. Così ingombrante che, forse, non se ne riesce più a cogliere l’esatta grandezza.
Tuttavia, la verità prima o poi emerge per liberarci dagli inganni. Anche se qualcuno continuerà a calunniare Assange, raccontando falsità sul suo conto nel tentativo di togliergli il supporto necessario a fargli vincere questa battaglia (che, in fondo, è la nostra battaglia per il diritto all’informazione), sempre più numerose sono le voci che si levano, da tutto il mondo, per chiedere la sua liberazione e scongiurare un precedente legale che avrebbe conseguenze disastrose sul futuro del giornalismo in Occidente.
Il giorno 4 gennaio, un anno esatto dalla sentenza di primo grado che rifiutava l’estradizione di Assange negli Stati Uniti per ragioni umanitarie, a Roma, Torino e Reggio Emilia alcuni cittadini sono scesi in piazza per chiedere la liberazione del giornalista. Il giorno prima, in Messico, il Presidente Obrador ha rinnovato la sua offerta di asilo. “Sarebbe una dimostrazione di solidarietà e di fratellanza concedergli asilo nel Paese in cui Assange deciderà di vivere, compreso il Messico”, ha dichiarato Lopez Obrador.[5] Inoltre, il Presidente Obrador ha rivelato di aver inviato una lettera a Trump dove chiedeva all’allora Presidente degli Stati Uniti di perdonare Assange, ma senza ottenere risposta.[6]
Nei giorni 20, 21 e 22 dicembre, l’ex Ministro islandese della Giustizia e dell’Interno Ögmundur Jónasson si è recato presso l’ambasciata Britannica a Reykjavík, con in mano un cartello: ‘Basta perseguitare la libertà! Liberate Julian Assange!’ L’ex ministro ha inoltre consegnato una lettera indirizzata all’Ambasciatore per chiedere che Julian Assange sia immediatamente rilasciato e l’estradizione negli Stati Uniti rifiutata.[7]
Vale la pena ricordare il ruolo dell’ex ministro islandese nella vicenda Assange. Nel 2011, quando Assange si trovava in Islanda, l’FBI aveva inviato degli investigatori a Reykjavík senza autorizzazione (di norma necessaria per poter svolgere attività di polizia in un altro Paese). Dopo aver appreso che l’intento degli agenti era quello di ‘incastrare’ Assange, racconta Jónasson in un’intervista a Russia Today, questi disse agli agenti dell’FBI che nessuna attività di polizia poteva essere svolta senza autorizzazioni e accordi negoziati, e chiese quindi loro di andarsene.[8]
E’ solo l’unione di queste numerose, grandi e piccole voci coraggiose, che può salvare la vita di un giornalista che ha fatto tremare i governi di mezzo mondo con le sue rivelazioni. Ognuno con la propria luce, a piccoli passi, possiamo illuminare il nostro percorso e quello di chi ci è vicino. E attraverso la conoscenza, conquistare la nostra libertà.
«Sì, mi sono dato tutto a questa idea,
qui la sapienza suprema conclude:
la libertà come la vita
si merita soltanto chi ogni giorno
la dovrà conquistare.
E così, circondati dal pericolo, vivano
qui il bimbo, l’uomo, il vecchio, la loro età operosa.
Tanto folto fervore, lo potessi vedere!
In una terra libera fra un popolo libero esistere!»
Goethe, Faust, Atto V;
Scena: Grande cortile antistante il palazzo.
[1] Libro dei Proverbi 24:5.
[2] ‘Thought for the day’ di Julian Assange, Today Programme, BBC Radio 4, 2 gennaio 2014 < BBC4 – Thought for the day by Julian Assange 02/01/2014 – YouTube>
[3] OHCHR | UN expert says “collective persecution” of Julian Assange must end now
[4] E.g., Amnesty International joins civil liberties groups to ask Biden to drop case against Julian Assange – Amnesty International
[5] Mexico president says he sought Assange pardon from Trump, renews asylum offer | Reuters
[6] https://twitter.com/wikileaks/status/1478375731042336779?s=20
[7] JULIAN ASSANGE’S DETENTION AND EXTRADITION PROTEST | Ögmundur Jónasson (ogmundur.is)
[8] Ex ministro Islanda: “Gli USA volevano incastrare Assange a Reykjavik” – YouTube (con sottotitoli in italiano di ‘Casa del Sole TV’).