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Aule focolaio. Dal diritto allo studio all’obbligo… di contagio

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Alla ministra Gelmini, nel distruggere la ex scuola pubblica, sfuggirono i “Decreti Falcucci” che, dagli anni ’70, stabiliscono i criteri tecnici da seguire per l’edilizia scolastica. Tra tali norme è di grande attualità quella che impone: “Obbligo ricambio d’aria nelle aule: cinque volte l’ora”. Nel quasi mezzo secolo trascorso, pochissime scuole sono state adeguate a questa basilare norma di igiene. Questo è uno dei motivi più gravi del diffondersi del Covid tra i giovani studenti. Basta una semplice considerazione: se oggi un teatro di circa 100 metri quadri tiene, per poco più di un’ora, una trentina di spettatori, in uno spazio pari a meno della metà, trenta ragazzi restano per cinque ore (ricreazione e ormoni compresi) a respirare l’aria contaminata. Con un semplice accorgimento, costituito da un buon aspiratore,  si potrebbe garantire una vivibilità accettabile nelle aule. Ma le soluzioni semplici non consentono i mega appalti. Con più gravi e letali effetti non sono state neanche aumentate le terapie intensive, sarebbero stati troppi gli appalti non “gestibili” dall’alto.

In questo 2022 le scuole dovrebbero monitorare i contagi. Alla luce della variante Omicron, sarebbe stato opportuno imporre la DaD alle scuole superiori, che hanno più rischi di contagio e maggior adattabilità complessiva alla scuola da remoto. Anche perché, a differenza degli studenti più piccoli, gli adolescenti possono restare a casa da soli e, da soli, possono ricevere una discreta didattica. I giovani, anche se vaccinati, sono portatori del virus, in quanto il Covid 19 non è stato informato… dell’esistenza del Green Pass. Così il diritto allo studio si è trasformato in obbligo di… contagio.


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