“Presunzione di innocenza”, dietro al nuovo decreto un pericoloso alibi per nascondere le notizie e silenziare le fonti?
E’ la riflessione delle giornalisti e dei giornalisti di Controcorrente Lazio dopo l’ennesimo episodio lesivo dell’agibilità della professione per molti cronisti di Roma. Di seguito riportiamo volentieri il documento integrale di Controcorrente Lazio
“I giornalisti di cronaca nera e giudiziaria chiedono una interpretazione coerente e non in contrasto con il ben più ampio Diritto di cronaca sancito dalla Costituzione a tutela dei cittadini e della democrazia.
Nella Capitale, pochi anni fa, si è già dovuta digerire la chiusura della storica sala stampa della Questura. Ma ora sotto la spinta – o l’alibi? – del “ci sono le nuove disposizioni”, nelle Procure e nelle polizie giudiziarie di tutta Italia, si sta mettendo all’informazione un inquietante silenziatore che va ben oltre lo spirito del nuovo decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 188. Tanto che i cronisti romani, negli ultimi giorni, solo per fare un esempio, si sono visti recapitare nelle email comunicati su cagnolini smarriti riconsegnati ai padroni, concerti e decori di alberi di Natale con i bambini, mentre faticavano a ottenere poche e striminzite notizie su delitti, morti sospette, violenze e persino arresti eccellenti che nel frattempo si susseguivano e non emergevano.
La norma ha l’obiettivo di evidenziare la presunta innocenza di un indagato, evitando di definirlo come colpevole prima di una condanna definitiva e per questo dà indicazioni di riferimento alle Procure e agli organi della autorità giudiziaria su come trattare mediaticamente le notizie. Il principio di presunzione di innocenza, invece, è già ben chiaro ai giornalisti poiché contenuto nelle loro carte deontologiche e oggetto, in caso di mancanza di rispetto, di pesanti querele. A volte, poi, è stata proprio la caparbietà di un cronista a fare emergere l’innocenza di una persona. Conoscere il come si è sviluppata una indagine o il nome di un presunto colpevole, tanto per dire, non è un aspetto marginale, ma permette di ricostruire una storia o di inquadrare una vicenda nel giusto ambito.
La domanda cardine è: chi deve decidere cosa è importante che la gente sappia? Un magistrato, un investigatore o un giornalista? O ciascuno dei tre secondo la propria coscienza e la propria professionalità in virtù del ben più ampio Diritto di cronaca sancito dalla nostra Costituzione?
La questione non è una controversia di nicchia. Riguarda il racconto della vita quotidiana di una società e di un Paese intero. La cronaca ne mette in luce le storture e ne evidenzia i fenomeni su cui dovere intervenire: la criminalità, le mafie, i femminicidi, il terrorismo, le ruberie, i drammi umanitari, sanitari e sociali… Sulla base dei fatti di cronaca nascono dibattiti che si traducono in provvedimenti di legge e decisioni politiche.
È mai stato chiesto a un giornalista parlamentare di svolgere il proprio lavoro basandosi solamente sui comunicati ufficiali o sulle conferenze stampa dei politici? Sarebbe impensabile e così è assurdo pensare di limitare lo scambio di informazioni, ragionamenti e considerazioni, tra un giornalista e l’autorità inquirente acquisendo esclusivamente sterili dati inviati dai massimi vertici di quest’ultima o in poche conferenze stampa indette sempre a senso unico.
Il nostro appello è affinché non si faccia applicare un decreto legislativo attraverso la sua più cieca interpretazione che, di fatto, è lesiva della libertà di cronaca e della libera espressione di tutti i cittadini. Ci uniamo alla richiesta del presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli per la immediata definizione di linee guida nazionali per garantire il diritto dei cittadini di essere compiutamente informati.
I comunicati stampa e le conferenze stampa, d’altronde, ci sono sempre stati, ma non è attraverso questi -come solo un non addetto ai lavori potrebbe pensare -che si è fatta e si può fare cronaca. Ora la nuova norma richiama l’attenzione, che condividiamo, al rispetto della presunta innocenza di un indagato, ma questo principio non può avere come corollario l’interruzione del flusso delle informazioni che si è sempre svolto tra giornalisti e operatori di polizia giudiziaria nel rispetto dei ruoli reciproci. Il Diritto di cronaca sancito dalla Costituzione va garantito”.
Le giornaliste e i giornalisti di ControCorrente Lazio