BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Miracoli visivi Eastwood(iani). Sentimenti oltre i confini

0 0

Cry Macho-Ritorno a casa”, di e con Clint Eastwood, Usa, 2021

Con “Cry Macho-Ritorno a casa”, Clint Eastwood va oltre ogni giudizio critico. Inutile dire che si tratta di un film imperfetto, ciò che conta è la messa in scena dell’ultima utopia possibile. Quella di un mondo in cui, alla fine della nostra vita, si possa trovare un posto in cui ciò che ci circonda diventa la meta finale da sempre attesa. Gesti semplici e assoluti, un corpo che si allontana dalla realtà, ma che in questa trova finalmente la sua essenza assoluta. Eastwood va oltre la rappresentazione, mostra la sua vecchiaia dando il suo ultimo saluto ad un mondo che ha amato e che non c’è più, se non nel suo cinema…

La morte del sogno, la vittoria dell’umanità

Million dollar baby”, di Clint Eastwood, Usa, 2004. Con Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman

Frankie, il vecchio allenatore, e Maggie, la sua giovane pupilla, condividono il ring, la lotta per la sopravvivenza. Devono vincere se vogliono esistere. Non c’è scampo. Il Capitale è spietato, non tocca a loro vincerlo. A loro tocca vincere, e vincono. Ma possono anche perdere, e perdono tutto. Maggie rimane paralizzata ad un attimo dal sogno. Non ce la fa più a soffrire, vuole morire. Frankie la aiuta anche in questo ultimo match. Vinceranno, finalmente, entrambi. Eastwood racconta con lento incedere il senso stesso dell’esistenza, con i limiti del ring che diventano metafora di una condizione obbligata a cui nessuno può sfuggire. La felicità costa. Questo è il mondo, ad oggi. Frankie e Maggie sono anche felici, il rapporto paterno che li lega è fatto di lacrime di gioia e di schizzi di sangue. Negli sguardi che si scambiano c’è tutto, non hanno bisogno di dirsi nulla. La vita è così, con la morte in agguato. Normale. E la morte arriva, a sancire il valore della vita. Frankie, dopo l’ultimo match di Maggie che sconfigge la non vita, scompare nel nulla, come un angelo custode finito il suo compito. Mai il cinema di Eastwood è stato così vicino a quello di John Ford. Come nell’assonante “Un uomo tranquillo” del grande irlandese, anche qui lo scorrere delle immagini sembra disegnare i contorni impalpabili di un racconto che vorremmo non finisse mai. Eastwood ci regala visioni ultime, necessarie testimonianze di ciò che siamo.


La vita decisa dagli altri

Un mondo perfetto”, di Clint Eatswood, Usa, 1993. Con Kevin Costner, Laura Dern, Clint Eastwood.

Butch e Phillip come padre e figlio. In realtà il primo è un evaso e l’altro è un bambino suo ostaggio. Ma Eastwood, come spesso gli accade, capovolge il tutto. Il rapporto paterno che si instaura tra i due compensa entrambe le vite. Il piccolo Phillip vive finalmente alcuni attimi della sua infanzia negatigli dalla famiglia troppo severa, il fuggitivo Butch, che vuole raggiungere l’Alaska per riconciliarsi con il padre, con il quale aveva rotto dopo un’infanzia infelice, vede in Phillip la possibilità di riscattare il bambino offeso che egli fu. Tutto avviene all’improvviso ed è troppo precario per durare a lungo. La realtà è chiusa, geometrica, non ammette “detour”, neanche se filtrata da sentimenti così forti da superare ogni apparenza. Alla fine tutto tornerà al suo posto, non per logica conclusione ma per naturale e insieme assurdo gioco delle parti. Sarà lo stesso Phillip a ferire a morte Butch, in un tragico malinteso confermativo di un destino impossibile da cambiare, all’interno del quale ognuno di noi si muove con l’illusione di poterlo sfuggire. Butch e Phillip hanno la loro vita già decisa da altri, i loro genitori, e nulla può il loro legame, nudo e senza remore, dinnanzi ad una legge che freddamente sentenzia dell’esistenza di tutti senza preoccuparsi di capirne le ragioni più profonde. La realtà organizzata, la società, ha bisogno di regole facili, immediate, solo così può sopravvivere. Come nel suo successivo “Mystic river”, 2003, Eastwood squaderna una verità estrema e definitiva. Quella di esistenze senza più possibilità di appello perché già condannate da tempo, da sempre, definitivamente.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21