Desmond Tutu (icona anti-apartheid) è morto all’età di novant’anni. Il mondo e la chiesa perdono «una voce profetica» dice il segretario della Comunione anglicana mondiale Josiah Idowu-Fearon
Il segretario generale della Comunione anglicana ha annunciato stamane la scomparsa dell’arcivescovo Desmond Tutu.
L’ha fatto sul sito dell’agenzia della Comunione anglicana – Anglican News Service.
L’icona anti-apartheid e premio Nobel per la pace nel 1984 è morto all’età di 90 anni.
«Tutu – ricorda il segretario generale Josiah Idowu-Fearon – era una voce profetica. La morte dell’arcivescovo è una perdita enorme per la Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, per tutta la Comunione anglicana e per il mondo intero».
Desmond Tutu (il primo arcivescovo nero a ricoprire tale incarico presso Città del Capo) è stato certamente «una forza trainante del movimento nato per porre fine alla politica di segregazione razziale e alle discriminazioni imposte dal governo della minoranza bianca contro la maggioranza nera in Sudafrica. Quando Tutu parlava, le persone lo ascoltavano. Tutu è stato – prosegue il ricordo il segretario generale – un collaboratore vivace e coinvolgente della Comunione anglicana e dei suoi organi costitutivi. Seppe sempre usare i suoi doni per arricchire la Comunione. Il suo impegno per la giustizia e la pace è stato e continua ad essere un esempio per tutti noi. Fu un grande discepolo di Cristo: come sacerdote e vescovo fu un pastore e predicatore impegnato. Continuerà a ispirare le generazioni a venire. Lo affidiamo tra le braccia del suo Creatore e Salvatore, e ci uniamo a tutta la Comunione nella preghiera per la sua famiglia in questo momento».
L’attuale arcivescovo di Città del Capo, Thabo Makgoba, ha affermato: «Mentre piangiamo la sua scomparsa, come cristiani, persone di fede, dobbiamo celebrarne anche la vita: quella di una persona profondamente spirituale il cui alfa e omega – il suo punto di partenza e il suo punto di arrivo – è stato il rapporto con il nostro Creatore. Tutu ha avuto come faro Dio, come scopo di Dio e la sua creazione. La preghiera, le Scritture e il suo ministero rivolto al popolo, che Dio gli ha affidato, sono sempre stati al centro della sua vita».
Era il 3 febbraio del 1985 quando Desmond Tutu diventa il primo vescovo anglicano nero di Johannesburg, la più importante città del Sud Africa. Siamo negli anni dell’apartheid, della vergognosa discriminazione attuata dalla minoranza bianca della grande nazione africana nei confronti della maggioranza di colore. Nelson Mandela è ancora in carcere e lontano dal tornare ad essere un uomo libero, quando Tutu nel 1976 decide di appoggiare le rivolte del quartiere di Soweto contro gli abusi del governo, ed in particolare contro la decisione di utilizzare nelle scuole l’Afrikaans, la lingua germanica dei bianchi coloni, ennesimo schiaffo in faccia a chi si batte per l’uguaglianza di tutti gli esseri umani.
Dal 1978 Tutu è il segretario generale del Consiglio sudafricano delle Chiese e in questa veste continua l’instancabile opera di smantellamento delle discriminazioni razziali, fino a meritarsi il premio Nobel per la Pace nel 1984.
Quando si sono svolte le prime elezioni multirazziali in Sudafrica nel 1994, che eleggono Nelson Mandela primo presidente nero della nazione, Mandela stesso lo nomina presidente della Commissione Verità e Riconciliazione. Il mandato affidatogli è quello di raccogliere e registrare le testimonianze di coloro che si erano resi colpevoli di violazioni dei diritti umani durante il regime dell’apartheid, o di coloro che erano stati le vittime di tali violazioni, con la possibilità di concedere l’amnistia ai reo-confessi, e agevolare così il superamento di una pagina buia nella storia della nazione.
L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha oggi affermato: «Desmond Tutu era un profeta e un sacerdote, un uomo di parole e di azione, una persona che sapeva incarnare insieme speranza e gioia a fondamento della sua intera opera. Anche nel nostro profondo dolore rendiamo grazie per una vita così ben vissuta. Possa riposare in pace e risorgere nella gloria».
Lo scorso 7 ottobre il mondo intero aveva festeggiato il compleanno di Desmond Tutu: il Dalai Lama, la vedova di Nelson Mandela Graça Machel e personaggi come l’attore americano Samuel L. Jackson si erano ritrovati per rendere omaggio all’arcivescovo anglicano (emerito) in una conferenza virtuale per il suo novantesimo compleanno.
«Arrivato poco prima di mezzogiorno su una sedia a rotelle – ricordava allora il quotidiano onlineRiforma -, Tutu era accompagnato dalla moglie Leah. Luogo, la Cattedrale di San Giorgio, dove l’arcivescovo predicò per anni». Culto apertosi con il tradizionale canto Happy Birthday intonato dall’assemblea e guidato dall’arcivescovo di Città del Capo Thabo Makgoba.
Il sermone fu pronunciato dal pastore Allan Boesak, già presidente della Comunione mondiale di chiese riformate fra il 1982 e il 1991.
Nel 2017 il segretario generale della Comunione mondiale delle chiese riformate Chris Fergusoninsieme a Desmond Tutu ricevettero la laurea honoris causa in teologia da parte della Vancouver School of Theology, prestigioso ateneo anglicano nella provincia della British Columbia.
Altra curiosità: Tutu è anche il titolo di un album di Miles Davis – pubblicato nel 1986 – che raggiunse la prima posizione nella classifica Jazz Albums statunitense e che nel 1987 fece vincere a Davis il Grammy Award for Best Improvised Jazz Solo (il titolo dell’album, omaggio all’arcivescovo, doveva essere realizzato in collaborazione con Prince, ma il piano non si realizzò).
La Chiesa del Sudafrica pianificherà i funerali e altri servizi commemorativi secondo le istruzioni lasciate da Tutu e lo farà con il sostegno del governo sudafricano e della città di Cape Town.