Ludovico/Jack è un vero e proprio incontro/scontro. Due ragazzi diversi: il primo timido e impacciato (interpretato da Brando Pacitto), il secondo duro e spavaldo (Andrea Lattanzi), si ritrovano per un caso a convivere. Ciò che scaturisce dal loro incontro è un’amicizia profonda, primordiale e fraterna, entrambi sono immersi in un mondo cinico, un mondo di adulti che fa paura. Per Ludovico è il mondo della depressione, fatto di inadeguatezza, di reclusione, incarnato da una figura paterna che non lo comprende. Per Jack è la vita criminale, una condanna “genetica” difficile da accettare che sembra perseguitarlo come una maledizione.
Questi due universi si scontrano in un luogo ben definito, il quartiere della Garbatella a Roma, dove Ludovico risiede in un vecchio e disordinato appartamento ereditato dalla nonna. Questo luogo, come chi lo abita, ci appare inizialmente statico, incastrato fra passato e futuro ma le cose cambiano quando Jack piomba nella vita di Ludovico promettendogli “la svolta”, il grande cambiamento caduto dal cielo. È ciò che unisce i protagonisti, è la speranza di rimettere in moto le loro vite, di lasciarsi alle spalle un passato di fallimenti e ricominciare. La svolta è qualcosa di materiale, quantificabile: uno zaino pieno di soldi con tutte le promesse che esso sottende.
Il lungometraggio d’esordio di Riccardo Antonaroli si configura come un film d’autore, una commistione di generi fra il noir e il racconto di formazione. Il riferimento filmico più evidente (forse troppo evidente!) è Il sorpasso di Dino Risi (1962), ma a livello strutturale e visivo il film ricerca una continuità, attualizzando l’argomento, con il cinema noir francese di fine anni sessanta.
Gli adulti nel film sono raffigurati come una banda di spietati criminali comandati dal terribile Caino (il biblico fratricida), totalmente devoti al profitto e divisi da faide e complessi giochi di potere interni. I ragazzi invece sono puri, basta poco e Jack abbandona la sua maschera da duro assumendo il ruolo di fratello maggiore per un’inconscia necessità, senza un reale motivo. Il legame fra i due è così forte da astrarli completamente dalla realtà, l’amicizia li trasporta in una dimensione di complicità che fa dimenticare loro quanto arido e terrificante sia il mondo in cui vivono.
La forza del film sta nella buona interpretazione dei due attori principali. La naturalezza dei personaggi, soprattutto nelle lunghe scene di dialogo, riesce a compensare una sceneggiatura zoppicante che soffre in modo particolare sul lato “crime” del film. Alcune scene cadono nel cliché e nella ripetizione, mentre le dinamiche dello “scontro finale” non sono per nulla convincenti. La regia è apprezzabile, generalmente invisibile tranne in alcuni momenti quando tende a sottolineare eccessivamente i riferimenti visivi, lo stesso vale per la fotografia che si rifà esplicitamente al genere, pur giocando forse un po’ troppo con l’andamento diegetico. In sostanza un buon film d’esordio, molto personale, con qualche evidente difetto ma che, tutto sommato, è in grado di fotografare una realtà giovanile attuale inquadrandola in un vecchio schema caro al cinema d’autore.
Il film è stato presentato fuori concorso alla 39esima edizione del Torino Film Festival.
LA SVOLTA
Regia: Riccardo Antonaroli
Produzione: Rodeo Drive, Life Cinema e Rai Cinema
Durata: 90 min.
Lingua: Italiano
Paesi: Italia
Interpreti: Andrea Lattanzi, Brando Pacitto, Ludovica Martino, Max Malatesta, Chabeli Sastre Gonzalez, Federico Tocci, Tullio Sorrentino, Cristian Di Sante, Aniello Arena, Grazia Schiavo, Claudio Bigagli, Marcello Fonte
Sceneggiatura: Roberto Cimpanelli e Gabriele Scarfone
Fotografia: Emanuele Zarlenga
Montaggio: Esmeralda Calabria
Musica: Michele Braga, il brano “La svolta” scritto e interpretato da Carl Brave
Suono: Andrea Castiglioni, Eugenio Cerocchi, Pompeo Iaquone e Paolo Pucci