Andrea Rocchelli e Andrej Mironov sono morti in Ucraina, durante un’azione di guerra, ma non si sa chi ha sparato. Dopo la sentenza della Cassazione di oggi, 9 dicembre, questo è l’unico dato certo che possiamo usare per descrivere la fine di due bravi reporter. Uccisi mentre testimoniavano una guerra, uccisi non si da chi.
Elisa e Rino, i genitori di Andrea, hanno reagito con la dignità che li ha sempre contraddistinti in questi 7 anni di indagini e processi: “la Cassazione conferma un’imperfezione formale nella procedura di raccolta delle testimonianze, ma non modifica l’impianto accusatorio che in due gradi di giudizio ha accertato la responsabilità dell’esercito e della Guardia Nazionale ucraina. Per ora resta un crimine di guerra impunito”.
La vicenda è nota: il fotografo italiano e il suo traduttore – in realtà Andrej Mironov era molto di più, un giornalista, un’attivista per i diritti umani – sono stati colpiti da colpi di mortaio il 24 maggio del 2014, mentre stavano documentando le fasi caotiche della guerra nel Donbass ucraino. Dalle testimonianze del fotografo francese che li accompagnava, anche lui ferito, e dai successivi interrogatori degli armati ucraini, spiccava la figura di Vitaly Markiv, allora giovane ufficiale della Guardia Nazionale, doppia nazionalità italiana e ucraina, acceso nazionalista. Nel primo grado Markiv viene indicato come colpevole di aver – per semplicità – indirizzato i colpi di mortaio su Andrea Rocchelli e Andrej Mironov. Nel secondo grado l’impianto accusatorio regge ma i giudici nella sentenza spiegano non si possono usare quelle conferme testimoniali perché raccolte senza la presenza degli avvocati difensori dei testimoni. E’ la “imperfezione formale” di cui parlano i genitori di Rocchelli. Viceversa per l’avvocato di Markiv, Raffaelle Della Valle, “è una grande vittoria in un processo che mai avrebbe dovuto iniziare”.
Fin qui l’iter giudiziario. Ma c’è dell’altro da raccontare. Innanzitutto, come dicono sempre i genitori di Andy Rocchelli, la solitudine in cui sono stati lasciati. “Al processo c’era un governo, quello ucraino, con tutte le sue strutture e finanze; dall’altra parte c’era una famiglia. Sola”. In effetti fuori dal Tribunale di Milano ci sono sempre state decine di ucraini affiatati, con striscioni e cartelli inneggianti Markiv. In altre parole – e non sono quelle dei genitori di Andrea ma nostre – il Governo italiano poteva fare molto di più. Ma l’Ucraina, i suoi confini instabili, i suoi vicini comodi/scomodi sono un argomento che ha pesato molto in questa vicenda.
Ora, con Markiv assolto anche dalla Cassazione, oramai tornato negli apparati statali ucraini, sembra esserci poco da fare. Non per Elisa e Rino: “leggeremo la sentenza e continueremo nell’impegno, come fatto in questi anni”. Chapeau.