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Il disgelo a sorpresa tra Berlusconi e Conte

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Dopo le tempeste, il sereno. Il disgelo a sorpresa. Grillo in passato ha avuto la mano pesantissima contro Berlusconi. Ha sferrato un diluvio di attacchi, offese e sberleffi: da «psiconano» a «cainano» (caimano + nano). Gli insulti si sono sprecati da quando lanciò in pista il Movimento 5 stelle. Le accuse sono piovute a valanga sul piano politico e giudiziario contro il presidente di Forza Italia.

Il garante dei cinquestelle fu coerente nell’anti berlusconismo. Il comico genovese nel 2018 disse sì al governo Conte uno assieme alla Lega di Salvini ma sbarrò la porta all’ex presidente del Consiglio. Nel 2019 disse ancora sì all’esecutivo Conte due con il Pd di Zingaretti e il Cavaliere restò sempre nel mirino. Nel febbraio 2021 disse sempre sì al ministero Draghi di grande coalizione, elogiò il banchiere alla guida del governo tecnico-politico, ma non fece una parola su Berlusconi che pure era della partita. Così il Cavaliere entrò nel governo di emergenza contro il Coronavirus.

Il disgelo iniziò in sordina. Cominciò in maniera sommersa già nel febbraio 2020. Il presidente di Forza Italia prima apprezzò la cortesia istituzionale e umana dell’allora presidente del Consiglio Conte quando un anno e mezzo fa scoppiò la tragedia della pandemia e quando lui stesso fu contagiato finendo in ospedale per il Covid. Poi a sorpresa Berlusconi, alla fine del 2021, ha espresso «stima e rispetto» verso Giuseppe Conte. Non solo. Ha apprezzato perfino il reddito di cittadinanza (il cavallo di battaglia dei grillini in passato sempre coperto di critiche) perché «è andato finalmente a contrastare» le situazioni di povertà. Si è spinto addirittura ad indicare «una radice comune» tra il M5S e Forza Italia delle origini.

Conte ha raccolto la palla. Ha ufficializzato il disgelo a La7: Berlusconi è una figura che «ha avuto un ruolo istituzionale importante, ha fatto anche molte cose buone». Ha interpretato «sicuramente la voglia di cambiamento di una parte del Paese che si è identificata con lui». Il presidente pentastellato ha comunque confermato la contrapposizione politica con il fondatore di Forza Italia e della Fininvest: il M5S nelle elezioni per il nuovo presidente della Repubblica «non ha come candidato Silvio Berlusconi».

Il disgelo verso il nemico storico è stato accolto con proteste e mugugni dai cinquestelle rimasti fedeli alle originarie impostazioni populiste anti élite. Tuttavia la linea governista di Conte, basata anche sul dialogo con Silvio Berlusconi, è passata. Grillo, il vero capo carismatico del Movimento, è rimasto in silenzio.

Il disgelo fa parte della difficile partita del Quirinale. Berlusconi difficilmente può pensare seriamente di succedere a Mattarella come presidente della Repubblica ma una sua candidatura può rafforzare la sua immagine pubblica verso gli stessi Salvini e Meloni, gli alleati di centro-destra. Può anche contribuire a far passare un nome per il Quirinale a lui gradito.

Il disgelo è anche nell’interesse dell’”avvocato del popolo”: può aiutare a smussare l’impostazione anti sistema e populista dei grillini verso una identità riformista e governista. Il M5S ereditato da Conte, dopo la sua tormentata elezione a presidente, è una forza in profonda crisi: hanno detto addio personaggi dome Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, ha perso oltre 100 parlamentari e tutte le elezioni degli ultimi tre anni. È fortemente diviso al suo interno. I parlamentari vedono come il fumo negli occhi l’elezione di Draghi a capo dello Stato perché la conseguenza sarebbe il voto politico anticipato e loro temono di non essere rieletti. Già adesso Conte controlla con grandissima fatica deputati e senatori, figuriamoci cosa potrebbe accadere a febbraio quando i “grandi elettori” voteranno a scrutinio segreto per il nuovo inquilino del Quirinale. Servirebbe un accordo forte sul nuovo presidente della Repubblica.

Una riconferma di Sergio Mattarella, sia pure a tempo, appare una soluzione molto quotata. È un presidente stimato e, se fosse confermato, niente elezioni politiche anticipate all’inizio del 2022 perché Mario Draghi resterebbe a Palazzo Chigi.


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