«Ci troviamo ancora una volta nel pieno di una pandemia, dalla quale è emersa l’importanza di un’informazione seria, rigorosa e responsabile» eppure «le giornaliste e i giornalisti, come il personale sanitario, sono stati più volte bersaglio di minacce e aggressioni, fisiche e verbali». A evidenziarlo, aprendo la conferenza stampa di fine anno del premier Draghi, il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, che, a nome della categoria, ha chiesto alle istituzioni «maggiore protezione» e che vengano perseguiti i responsabili.
Introducendo l’intervento del presidente del Consiglio, Bartoli ha elencato le criticità che attanagliano il settore e la professione e chiesto «attenzione su tanti dossier sospesi», a partire dalla riforma dell’ordinamento giornalistico, dalla necessità di rivedere l’accesso alla professione, garantire il rispetto della deontologia, fermare le querele intimidatorie, cancellare le «norme vergognose» sul carcere, garantire la centralità del servizio pubblico, sostenere l’accesso alle fonti, anche quelle giudiziarie e processuali, assicurando il giusto equilibrio tra le esigenze di rispetto della persona, riservatezza e quelle del pubblico interesse.
«Si ha l’impressione che ci sia una sottovalutazione dei problemi dell’informazione del nostro Paese. Parliamo di un settore fondamentale per la democrazia e il futuro», ha evidenziato il presidente del Cnog, che ha anche ricordato i premi Nobel per la pace assegnati alla filippina Maria Ressa e al russo Dmitry Muratov e citato le parole di papa Francesco e del presidente Mattarella.
Le minacce per una informazione libera, autonoma e plurale, arrivano da più fronti. «Il digitale – ha detto il presidente dell’Ordine– sta facendo venire meno le barriere, dobbiamo evitare che il falso diventi vero, evitare il formarsi di posizioni monopolio finanziario. L’ecosistema necessita di più informazione, non meno, la disintermediazione è il contrario di un’informazione responsabile». E ancora: «Informazione di qualità significa lavoro di qualità».
Per Bartoli, «occorre che il sostegno pubblico alle aziende editoriali non sia più concepito sotto forma di finanziamenti a pioggia, a prescindere dal rispetto delle regole. Non è più possibile assistere allo stanziamento di flussi consistenti di denaro pubblico alle aziende per accompagnare al pensionamento anticipato migliaia di giornalisti, lasciando che le stesse aziende continuino a rendere il lavoro sempre più precario. Dalle imprese editoriali che vorranno accedere al Fondo straordinario per l’editoria – ha concluso – è auspicabile che il governo esiga precisi impegni sul rispetto dei diritti, delle tutele e delle garanzie che la Costituzione, le leggi e i contratti riconoscono a tutti i lavoratori».