La sentenza di condanna del Presidente della Repubblica birmano Win Myint e della Consigliera di
Stato Aung San Suu Kyi a 4 anni di carcere, per ITALIA-BIRMANIA.INSIEME sono solo l’inizio
di un ulteriore giro di vite da parte della genocida giunta militare birmana, che punta a cancellare
definitivamente la possibilità di qualsiasi dialogo negoziale con la Lady, per il superamento del
colpo di Stato. La giunta militare si fa forte del fatto che nonostante le migliaia di uccisioni e di
arresti, l’incendio di villaggi, di chiese e monasteri, le razzie dei generi di prima necessità e degli
aiuti umanitari, le violenze sessuali, i rapimenti persino di bambini, l’utilizzo di persone come scudi
umani, le istituzioni internazionali hanno assunto sino ad oggi posizioni timide e compromissorie.
Chi, soprattutto tra i media ha contribuito a delegittimare la figura della Lady oggi speriamo abbia
capito cosa è veramente successo.
Questa sentenza, la prima di molte altre in cantiere, toglie ogni alibi ai governi, che sino ad oggi
hanno sperato di convincere i militari a sedersi al tavolo negoziale con le forze democratiche.
ITALIA-BIRMANIA.INSIEME chiede che dopo queste condanne, comminate da una magistratura
piegata al volere dei militari, il Consiglio di Sicurezza, l’Assemblea Generale ONU, attualmente in
sessione e tutti i governi, a partire dalla Unione Europea, assumano impegni chiari e forti, per
evitare che la violenta dittatura si consolidi in questo importante paese per lo scenario geopolitico
asiatico. Bisogna evitare un altro Afghanistan. E’ ora di adottare un embargo globale delle armi e
sanzioni economiche e finanziarie globali che colpiscano al cuore gli interessi della giunta, a partire
dal blocco delle banche, delle assicurazioni e riassicurazioni, del settore del gas e del petrolio. E’
ora anche che l’associazione internazionale dei produttori di gas e oil, assuma una posizione chiara
per il ritiro delle aziende presenti in Birmania. Bisogna che la UE sospenda le Preferenze
Generalizzate e che le imprese presenti in Birmania facciano un passo indietro, visto che non
possono garantire il rispetto dei diritti umani e del lavoro con le fabbriche presidiate dai militari.
Di questo si parlerà domani pomeriggio alla conferenza:
BIRMANIA: DEMOCRAZIA, DIRITTI UMANI E DEL LAVORO
CONTRO LA DITTATURA MILITARE
Ore 17 Sala Protomoteca Campidoglio
Ad oggi 1.300 civili sono stati assassinati, 10.900 di cui almeno100 giornalisti sono stati arrestati
arbitrariamente, molti sono stati torturati e dozzine di questi fino alla morte.