Le nuove aliquote fiscali daranno un piccolo beneficio solo ai redditi più elevati. Il provvedimento è di enorme gravità economica, ma soprattutto politica. Riguardo all’incostituzionalità sembra proprio che il secondo comma dell’articolo 53 della Costituzione (“Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”) sia stato eluso, se non violato. Perchè SE il suddetto “criterio di progressività” era già rispettato, oggi, favorendo solo le aliquote maggiori, si è violato il patto sociale dell’equità, che è alla base del fine morale dello stato. Ma forse non abbiamo né lo stato né la morale.
Inoltre i risparmi fiscali proposti non sono sostanzialmente avvertiti dai contribuenti beneficiati. Far trovare circa due euro al giorno a chi ne spende più di cento è del tutto ininfluente, il provvedimento non determinerà alcun incremento dei consumi, perché chi ha un buon reddito non lo spende mai tutto al supermercato, ma lo destina a beni di lusso o, peggio, lo tesaurizza in banca. Se invece chi spende venti euro al giorno trova due euro nel portafogli, oltre a rappresentarne il 10%, lo spende subito, mettendo in moto l’economia. Peccato che gli economisti al governo non abbiano percepito.
Ma l’aspetto più grave della “riforma” è determinato dal manifesto abbandono di tutto il “common people”, che tira la carretta per meno di mille euro al mese, di cui deve dare allo stato quasi un quarto del suo lavoro. Basti ricordare le rivoluzioni che si ebbero nel passato per ridurre le “decime”, ovvero le tasse pari al 10%, che i sovrani imponevano al popolo. Tutti si sono sperticati per ridurre le tasse ai più ricchi, nessun commento, da nessun politico, su questa ingiustizia. Solo i Sindacati e Confindustria hanno criticato, con motivi diversi. Alla luce dei numeri in gioco e del disinteresse del governo, pare ovvio che non conviene lavorare per mille euro al mese, soprattutto per prestazioni che in Germania sono pagate per tre volte almeno. Così una intera fascia sociale viene spinta giù, verso il reddito di cittadinanza. Forse la volontà è la polverizzazione del lavoro.