Nella sua vita è stato un ufficiale della marina militare statunitense. Ma anche uomo d’affari con tanto di Master alla Harvard Business School e un impiego autorevole come responsabile investimenti del colosso bancario Goldman Sachs. Scrittore, regista, fondatore dell’emittente alt-right Breitbart News e vicepresidente della famigerata Cambridge Analytica. La sua ascesa, apparentemente inarrestabile, lo aveva portato a diventare colui che sussurrava all’orecchio dell’uomo più potente del mondo – l’inquilino della Casa Bianca. Lo scorso 15 novembre Steve Bannon si è consegnato all’FBI, che lo vuole interrogare per il suo presunto coinvolgimento nei fatti di Capitol Hill. Rischia un anno di carcere per oltraggio al Congresso.
In Italia Bannon è diventato noto, oltre che per la sua partecipazione alla kermesse di Fratelli d’Italia e la simpatia per le scuole politiche della Lega organizzate da Armando Siri, per la volontà di creare una scuola dove addestrare “gladiatori sovranisti” nella Certosa di Trisulti – un antico complesso monastico in provincia di Frosinone. Un vero e proprio bene culturale formalmente sotto la sovraintendenza del Polo Museale Lazio.
Nel giugno 2017, in seguito a un bando del Mibact, il monastero certosino venne assegnato all’associazione ultra-cattolica Dignitatis Humanae Institute (DHI). Che ha avuto tra i suoi membri alcuni esponenti delle frange più oltranziste in Vaticano, come il cardinale Raymond Leo Burke, oltre a figure più “moderate” come Rocco Buttiglione, l’ex parlamentare Luca Volontè e il Cardinale Raffaele Martino. E per finire, quello che Steve Bannon definiva “the smartest guy in Rome”. Ovvero Benjamin Harnwell, presidente del DHI e per anni inquilino della Certosa.
Incalzato dai giornalisti a più riprese, lo stesso Benjamin Harnwell non ha mai rivelato l’identità dei finanziatori della scuola per sovranisti. Harnwell sostiene infatti che i cattolici siano una minoranza perseguitata dal “marxismo culturale” e dal pensiero unico. Per evitare di venire stigmatizzati e discriminati, i finanziatori del DHI scelgono di mantenere l’anonimato. Tutti tranne Steve Bannon.
Bannon e il DHI, tuttavia, non sono stati gli unici esempi del legame solido tra sovranisti e le frange più fanatiche del cattolicesimo. Lo abbiamo visto a Verona durante il Congresso delle Famiglie quando sindaci, governatori delle regioni e leader di certi partiti politici hanno sfilato accanto alle tante organizzazioni ultra-cattoliche: da Pro-Vita a Novae Terrae, passando per il Family Day e Citizen Go (va riconosciuto agli organizzatori il parziale credito di aver lasciato Forza Nuova e Luca Castellini fuori dal Palazzo dei Congressi – salvo poi accoglierli durante la manifestazione conclusiva la domenica).
Radunarsi per discutere di tematiche legate alla fede non è certo un crimine. Nessuno dei presenti, però, è parso anche lontanamente preoccupato dalle teorie prive di fondamenti scientifici che venivano presentate dalle organizzazioni. Come quella che prevede l’esistenza di un nesso causale tra l’introduzione dei contraccettivi e la pedofilia. O che le donne abbiano una maggiore probabilità di essere affette da tumore se scelgono di non avere figli.
La polarizzazione sempre più marcata del dibattito pubblico intorno a temi come l’aborto, i matrimoni gay e l’identità di genere non è stata un caso. È stata fomentata dalle numerose attività di lobbying a livello pan-Europeo che miravano – e mirano tutt’oggi – a limitare i diritti sessuali e riproduttivi dei cittadini del Vecchio Continente. Ma non tutti i progetti di Bannon riescono ad andare in porto.
A Collepardo, grazie al lavoro della stampa locale e nazionale, sostenuto dalla società civile del frusinate, sono state portate alla luce numerose incongruenze nella partecipazione del DHI al bando pubblico per l’assegnazione della Certosa. Benjamin Harnwell aveva dichiarato il falso e la sua organizzazione non aveva i requisiti per rimanere nella Certosa. Il DHI, che si era insediato nel monastero nel 2018, ha definitivamente abbandonato Trisulti lo scorso 8 novembre e il luogo di culto è tornato a disposizione della comunità locale. La scuola dei sovranisti ha chiuso prima ancora di aprire i battenti.
L’esistenza di un filo sottilissimo che lega le attività di Steve Bannon nella provincia di Frosinone alla giornata in cui una folla di seguaci di Donald Trump – tra cui addirittura uno sciamano vichingo – ha cercato di prendere il Colle del Campidoglio a Washington non è neanche troppo forzata. In più di una maniera, la debacle di Trisulti ha anticipato quanto successo negli Stati Uniti.
Pochi giorni fa, infatti, Steve Bannon è stato arrestato per la seconda volta. Nell’agosto del 2020 era già stato fermato dalle autorità con l’accusa di frode: secondo gli inquirenti aveva sottratto oltre un milione di dollari a una raccolta fondi per la costruzione del noto muro trumpiano. Soltanto la grazia, concessa proprio dal presidente Trump nel suo ultimo giorno di mandato, ha scongiurato l’eventualità di un processo. Oggi Bannon è sotto accusa per aver ignorato il mandato di comparizione emanato dalla commissione che sta indagando sui fatti del 6 gennaio a Capitol Hill.
Guai però a descrivere Bannon come una figura caduta in disgrazia, come un uomo passato dalle stelle alle stalle, un desperado con la legge alle calcagna. La sua retorica da martire si nutre esattamente di questo. Ogni volta che sembra incassare il colpo fatale, utilizza i riflettori per ottenere nuova linfa vitale. E rinascere. Una rapida analisi del suo ultimo arresto ci permette di capire come tutto quanto stia continuando a svolgersi in maniera congrua alla sua strategia di comunicazione: Bannon si è consegnato di sua spontanea volontà all’FBI mentre si riprendeva con il cellulare in diretta streaming, incitando i suoi sostenitori a continuare la lotta contro la presidenza di Joe Biden.
Bannon ha costruito la sua carriera – e quella di Donald Trump – cercando di convincere gli elettori di essere un uomo del popolo, pronto a tutto pur di distruggere un establishment colpevole di avere assassinato il sogno americano. Capelli scompigliati, barba incolta, bermuda, e addirittura due camicie una sopra l’altra. È il look improbabile con il quale si è proposto – e continua a proporsi – come eroe della classe operaia negli Stati Uniti e nel mondo. Una parte da recitare non semplicissima per un uomo che lo scorso anno si è fatto arrestare su uno yacht da 45 metri.
Non lasciamoci ingannare dal suo ultimo arresto. La sua rete di influenza politica rimane attiva. Il tentativo di ristabilire “l’ordine naturale delle cose” così come lo intende la tradizione ortodossa della cultura giudaico-cristiana – continua. Basterebbe riguardarsi la maniera in cui il Parlamento italiano ha reagito all’affossamento di una proposta di legge contro l’omotransfobia.
(da premiorobertomorrione.it)
Ludovico Tallarita è stato vincitore Premio Morrione con l’inchiesta “L’Ordine Naturale delle Cose” realizzata insieme a Marina De Ghantuz Cubbe e Giovani Culmone)