Da più di un anno un team legale lavora nell’ombra, tra Bruxelles e l’Aia per aprire una terza via per la risoluzione della crisi Venezuelana. Per “Terza via” si intende quella legale, considerando che ne la politica, tantomeno quella militare sono ormai più percorribili. Il nuovo Procuratore della Corte Penale Internazionale torna da Caracas con una notizia : l’apertura ufficiale presso la Corte dell’investigazione al Governo Bolivariano.
Molti venezuelani questa notte non hanno dormito, l’hanno passata in bianco, erano in attesa notizie provenienti da oltreoceano, dalla loro terra natale, dal Venezuela. Da quattro giorni era presente una persona, a Caracas, sulla quale si sono riversate le speranze per una risoluzione della crisi latente che affligge il paese caraibico : il Procuratore Generale della Corte Penale Internazionale Karim Khan.
Da più di un anno tra Bruxelles e l’Aia si è mosso un team di legali incaricato di portare davanti alla Corte Penale Internazionale le istanze di tutti coloro i quali reputano di aver subito ed esser stati vittime di tortura, in particolare per motivi politici, ad opera del Régimen di Nicolas Maduro. L’accusa che si muove al Governo Bolivariano è proprio quello di “Lesa Umanità” verso il popolo Venezuelano. Il delitto di “ lesa umanità” è l’ultimo concetto introdotto in Diritto Internazionale, viene contemplato dai dettami dello Statuto di Roma e profila un reato simile al genocidio o ai crimini di guerra aggravato da una maggiore crudeltà ricadente non solo su colui o colei vittime, ma sull’Umanità intera.
Il team si è concentrato sulle storie e sulle prove portate dalle associazioni e dagli individui vittime di abusi, di ogni genere, sul suolo venezuelano; violenze sistematiche e “programmate” (come affermano i legali nei documenti presentati alla Corte) che il Governo di Maduro ha sfruttato ed utilizzato, in coscienza, per ridurre il dissenso e controllare le masse. D’altronde l’Articolo 7 dello Statuto di Roma, esattamente quello che definisce il reato di “Lesa Umanità”, afferma che il reato si configura quando “venga commessa nell’ambito di un attacco generalizzato o sistematico contro una popolazione e con consapevolezza di detto attacco”.
Quello che si vuole dimostrare davanti la Corte Penale Internazionale è la programmazione della crisi ad opera del Governo, dimostrare che un certo numero di individui sia stato attaccato e che questo attacco sia volto contro la popolazione civile.
Dagli atti depositati presso la CPI si legge che “la situazione della Repubblica Bolivariana del Venezuela è stata sotto esame preliminare a partire dall’8 febbraio 2018, giacché la stessa corte ha ricevuto un totale di 110 comunicazioni in riferimento all’articolo 15, delle quali 43 sono vincolate a fatti intercorsi da aprile 2017”. Successivamente, il 27 settembre 2018, la Repubblica bolivariana del Venezuela fu denunciata alla Corte Penale Internazionale attraverso un’azione congiunta portata avanti da Colombia, Cile, Perù, Argentina, Paraguay e Canada. Le denuncia si riferiva alla spazio temporale intercorso tra il 2014 e il 2017, si segnalava il presidente Nicolás Maduro come responsabile di omicidi, incarcerazioni arbitrarie, torture, violenze sessuali e sparizioni forzate ai danni dei manifestanti che si erano resi protagonisti delle proteste. Si parla addirittura di uno schema sistemico di eliminazione, spesso fisica, del così chiamato “Enemigo Interno” (nemico
interno), gli oppositori politici del Régimen : nel 2017 questo schema viene rivelato dalla stampa con il nome di Plan Zamora.
Da questi antefatti prendeva il via un procedimento storico che ha trovato un’accelerazione in queste ultime settimane. Il passato 16 settembre, prima di lasciare il suo incarico di Procuratrice Generale della CPI, Fatou Bensouda, ha dichiarato che “Ci sono ragionevoli motivi per ritenere che i crimini di competenza della Corte siano avvenuti in Venezuela”.
La Bensouda è stata la procuratrice incaricata di ricevere la documentazione dell’analisi preliminare volta a stabilire eventuali violazioni allo Statuto di Roma, colei la quale si è espressa sulla ammissibilità della denuncia alla CPI. Il nuovo Procuratore, Karim Khan, ha deciso di procedere ed andare avanti, oltre la fase preliminare.
Il Governo di Maduro, dal canto suo, sta facendo un’ardua opposizione all’apertura dell’investigazione, contestando sia gli estremi del ricorso sia il fatto che anche lui potrebbe portare avanti un simile procedimento contro altri Stati, come gli Stati Uniti e la Colombia i quali, secondo il Governo Bolivariano, si sarebbero resi protagonisti di sabotaggi sul suolo venezuelano, con lo scopo di colpire la popolazione civile. Secondo il primo Vicepresidente del partito di Governo (PSUV), Diosdado Cabello, uno dei più agguerriti alti ranghi del Regimén, “la fase preliminare non si è in realtà mai chiusa, non sono state ancora apportate prove alle testimonianze delle presunte vittime, ma ci difenderemo”, afferma.
Intanto Karim Khan è decollato da Caracas con un Memorandum firmato congiuntamente con Nicolas Maduro con il quale si apre, ufficialmente, l’investigazione per crimini di Lesa Umanità verso il suo Governo.