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Paolo Pietrangeli, tra i maggiori protagonisti della cultura italiana del Novecento 

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“Contessa”, ma non solo. “Valle Giulia”, ma non solo. Altri inni del Sessantotto, ma non solo. Paolo Pietrangeli, morto ieri a settantasei anni, è stato molto altro. Per semplificare: uno dei maggiori protagonisti della cultura italiana della seconda metà del Novecento.

Da molti anni, per vivere, faceva il regista televisivo. Anche di un certo successo. Dal “Costanzo Show” a “C’è posta per te”, da “Amici” ad altri programmi soprattutto della galassia Mediaset (il che gli aveva anche procurato qualche critica “dura e pura”…).

Da parte nostra, lo ricordiamo con le parole del Club Tenco, che lo ha premiato – purtroppo in assenza: era già malato – due mesi fa: “L’esuberanza e il fervore giovanile che all’età di vent’anni gli hanno ispirato ‘Contessa’ hanno creato di lui l’immagine di un autore esclusivamente orientato a inni roboanti. Nulla di più lontano dalla sua vera vena poetica, costruita casomai sulla bonaria ironia e sul dubbio continuo in grado di rimettere in discussione ogni verità che si ritiene assoluta. Maestro del linguaggio dai virtuosismi verbali, inventore di immagini esotiche, eretiche ed erotiche, dispensa aneddoti e riflessioni danzando su sintassi musicali sapienti e, al contempo, di immediata presa, come si addice ai veri creatori di canzoni popolari”.

Sì, perché Paolo Pietrangeli è stato tante cose: cantautore, regista, scrittore, sceneggiatore, persino candidato in parlamento nel ‘96 e nel 2001 per Rifondazione Comunista, da ultimo nel 2018 per Potere al popolo. Non venne mai eletto, ma le candidature facevano parte di un suo coerente impegno politico e di testimonianza cominciato da ragazzo.

Assieme a tanto altro. Aiuto regista per Mauro Bolognini, per Luchino Visconti (“Morte a Venezia”), per Federico Fellini. Regista nel ‘74 del documentario “Bianco e nero”, nel ‘77 del film “Porci con le ali”, nell’80 de “I giorni cantati”, fra gli altri con Francesco Guccini. Del 2001 è “Genova. Per noi”, documentario dedicato alle drammatiche giornate del G8 di Genova segnate dagli scontri tra forze di polizia e manifestanti e dalla morte di Carlo Giuliani.

E poi i dischi, i concerti, le manifestazioni… lui c’è sempre stato. Il suo album più recente è del 2015, registrato assieme alla pianista jazz Rita Marcotulli, s’intitola “Paolo e Rita”.

E poi, e poi… Ma poi si torna sempre lì, a quei versi che non moriranno mai. “Che roba contessa, all’industria di Aldo, han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti, volevano avere i salari aumentati, gridavano pensi di esser sfruttati. E quando è arrivata la polizia, quei pazzi straccioni han gridato più forte. Di sangue han sporcato il cortile e le porte. Chissà quanto tempo ci vorrà per pulire…”.

Gran finale: “Compagni, dai campi e dalle officine, prendete la falce, portate il martello. Scendete giù in piazza, picchiate con quello. Scendete giù in piazza, affossate il sistema”.

Ma erano altri tempi. Anzi, era un altro mondo.


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