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Pandemia e informazione, il ruolo del Comitato di Bioetica per contrastare il fenomeno no vax. Intervista a Laura Palazzani

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Nella seduta del 2 dicembre 2020 al Senato il Ministro Roberto Speranza dichiarava “ voglio essere chiaro la produzione e la distribuzione del vaccino non può essere regolata unicamente dalle leggi del mercato: su questo ho trovato molto efficace il parere inviatomi dal professor Lorenzo D’Avack, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica. Si legge in quel parere che l’emergenza non deve portare a ridurre i tempi o addirittura ad omettere le fasi della sperimentazione, definite dalla comunità scientifica internazionale, requisiti indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico per garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia di un farmaco.”
Il Ministro aveva ricevuto il 27 novembre il parere del Comitato sugli aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione dei vaccini.
Se l’Italia è riuscita a raddrizzare il tiro dopo i primi mesi di totale incertezza è anche merito di questa parte dell’amministrazione dello Stato altamente qualificata che offre il suo contributo in modo gratuito. Giuristi, genetisti, filosofi, farmacologi , tecnici di discipline che abbracciano tutte le sfere della nostra vita, lontani dalla politica e inclusivi per ogni tipo di visione etica nel dibattito pluralista. Il punto di vista viene espresso alla luce della scienza senza ideologie , pressioni o preconcetti . Un comitato che viene nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri . Laura Palazzani è la vicepresidente vicaria, membro dal 2002 e confermata anche dai successivi Presidenti del Consiglio.
“Il Ministro ha fatto riferimento a noi in Parlamento- afferma la professoressa Palazzani, ordinaria di Filosofia del Diritto all’Università Lumsa – e ne siamo stati contenti. Ha richiamato il nostro parere sulle vaccinazioni sottolineando che il Governo condivideva la nostra analisi. Sono stati mesi, quelli del lockdown, veramente impegnativi. Gli argomenti sui quali dovevamo intervenire erano molteplici. C’è stato il problema, ad esempio, di dare un indirizzo ai medici in presenza di scarsità di risorse, ovvero quali criteri usare nel triage in emergenza pandemica quando non sono sufficienti i respiratori ”

Su quali presupposti avete preso una decisione?

“In quei giorni, tra febbraio e marzo 2020, era uscito un documento della Società Italiana degli Anestesisti e Rianimatori che conteneva un passaggio che a molti di noi suscitava dubbi, in particolare sull’uso del criterio dell’età e l’aspettativa di qualità di vita per selezionare l’accesso. Ci siamo consultati e abbiamo preso una decisione a maggioranza, un solo voto contrario, dicendo che in un caso di scarsità comunque deve prevalere il principio di uguaglianza e non discriminazione. Né si può escludere dalle terapie un malato per la provenienza, il sesso l’abilità o la disabilità , l’etnia. Il criterio da applicare, abbiamo sostenuto , in casi di scarse risorse è il criterio clinico, ovvero chi ha effettivamente bisogno a livello di urgenza considerando anche l’efficacia terapeutica e la proporzionalità. Cioè non si può utilizzare il ventilatore con un accanimento terapeutico per qualcuno che non ne avrà beneficio. Noi abbiamo richiamato la Costituzione, il principio di uguaglianza, il criterio legislativo stabilito dalla legge del 1978 del Servizio Sanitario Nazionale che dice che le cure sono per tutti secondo un criterio di equità. Abbiamo avuto una sola postilla del professor Maurizio Mori che riprendeva il documento della Società dei Rianimatori e Anestesisti e riteneva quindi che fosse indispensabile garantire un accesso ai ventilatori che privilegiasse i più giovani rispetto agli anziani”.

Lei ha scritto un libro che sta per essere pubblicato da Morcelliana proprio sulla pandemia: come ha impostato questo saggio e da che punto di vista racconta la lotta al virus?

“Affronto i principali problemi bioetici emersi nella pandemia sulla base della mia esperienza in Italia ma anche dal punto di vista europeo, faccio parte infatti del Comitato di scienza, etica e nuove tecnologie di Bruxelles, del Comitato di bioetica del Consiglio d’Europa e di quello dell’Unesco. Ho partecipato alla discussione di tutti i temi a livello globale e continentale e abbiamo analizzato le prese di posizione di altri Comitati di Bioetica nazionali come Francia , Germania, Spagna. Ho pensato su questa base di mettere a fuoco le principali criticità emerse. Ad esempio lockdown sì – lockdown no, ovvero le scelte politiche sociosanitarie che sono avvenute anche sulla base di valutazioni di carattere bioetico ed inoltre sulla sperimentazione che è stata fatta per le cure e per i vaccini, considerando da un lato l’urgenza e dall’altro sicurezza ed efficacia. Mi sono soffermata su come vanno distribuiti i vaccini, sull’ordine etico della priorità delle categorie. Il libro parla anche dei vaccini agli adolescenti e si conclude con le “lezioni ancora da apprendere”.

La pandemia infatti, purtroppo, non è finita.

Stiamo assistendo a grandi proteste dei no vax e no green pass, in tutta Europa. Lei che idea si è fatta di questi movimenti che ormai contano migliaia di persone?

“Già dal novembre del 2020 abbiamo al CNB discusso sui vaccini, prima che fossero distribuiti in Italia. Abbiamo sottolineato l’importanza di informare adeguatamente la popolazione così da farla aderire spontaneamente e consapevolmente alla vaccinazione. Abbiamo anche detto però, già nel novembre del 2020, che se la pandemia fosse peggiorata tanto da creare condizioni economico sociali insostenibili si sarebbe dovuto cominciare a vaccinare obbligatoriamente partendo dalle professioni, dal mondo del lavoro. Naturalmente discutendo con le diverse categorie. Quindi non eravamo contrari in principio all’obbligo ma abbiamo consigliato al Governo di procedere per gradi. Il green pass è uno strumento che abbiamo analizzato prima che fosse adottato in Italia, in particolare quando è uscita la proposta di Regolamento europeo e avevamo intuito che sarebbe stato preso in considerazione anche dal Governo italiano. Il green pass l’Europa lo immaginava tra gli Stati ma ci siamo resi conto che presto lo avrebbero adottato i singoli Paesi, così come poi è successo. Avevamo qualche perplessità sulla equiparazione di tamponi, vaccini, rilevazione di anticorpi perché il tampone non è la stessa cosa in termini di sicurezza della rilevazione di anticorpi o di un vaccino e su questo abbiamo sottolineato il dovere di informare adeguatamente i cittadini. Il tampone può dare un falso senso di sicurezza e comunque fotografa un momento, potendo la persona contagiarsi anche l’istante successivo e trasmettere il contagio. Il significato del tampone, all’inizio, era mitigare le discriminazioni per molte persone che erano ancora in lista per avere il vaccino, per i minori quando ancora non era conclusa la sperimentazione (oggi invece conclusa sopra i 12 anni), le persone fragili che non potevano essere vaccinate per ragioni mediche. Abbiamo deciso di promuoverlo ma con la specifica richiesta di una adeguata informazione ai cittadini e strumenti di risoluzione di possibili discriminazioni, valutando gli argomenti a favore e contrari”.

Avete incontri periodici con il Governo?

“Abbiamo tra noi incontri mensili, online dalla pandemia (ancora non ci hanno autorizzato a riunirci in presenza), e inviamo regolarmente tutti i documenti relativi alla questione pandemica al governo”.

Professoressa Palazzani lei si è occupata negli anni di tante tematiche che oggi in qualche modo si discutono in Parlamento e sono oggetto di un dibattito nel Paese.

“Ho studiato filosofia teoretica, ma sono sempre stata attratta dal dibattito di attualità e dal contributo che potesse dare la filosofia anche sul piano concreto e applicativo. Il mio primo libro nel 1996 ricostruiva in modo dialettico il concetto di persona tra bioetica e biodiritto, partendo dalla discussione teorica e indagando i problemi di inizio vita e fine vita a fronte delle possibilità di intervento della tecnoscienza. Mi sono anche occupata del tema sex e gender, un argomento che avevo intercettato nella letteratura anglosassone prima che divenisse dibattito italiano, come in questi giorni. L’importazione in Italia della parola gender traducendola con la parola ‘genere’ e soprattutto ‘identità di genere e orientamento sessuale’ ha creato una serie di equivoci che necessitavano di un adeguato approfondimento nel contesto della discussione su uguaglianza e non discriminazione”.

Quale idea si è fatta del ddl Zan?

“Ritengo che il primo articolo del disegno di legge sia incomprensibile ad un comune cittadino che non conosce la discussione su identità di genere e orientamento sessuale. Le leggi devono essere scritte con un linguaggio chiaro per essere comprensibili ai cittadini. Dal mio punto di vista non c’è alcuna ragione di inserire l’espressione identità di genere e dell’orientamento sessuale in questo ddl che avrebbe molte altre implicazioni. La violenza e aggressività nei confronti delle persone omosessuali e transessuali è inaccettabile, come la violenza nei confronti di qualsiasi persona, come già previsto dal codice penale che prevede anche sanzioni più gravose quando le motivazioni sono futili”.

Nei mesi scorsi, peraltro, il Comitato è stato al centro di una decisione  molto importante che riguardava la possibilità di concedere un farmaco agli adolescenti con identità sessuale incerta per aiutarli a riconoscersi e ad accettarsi. Decisione che ha animato un lungo dibattito.

Qual è la forza del Comitato di Bioetica?

“Il Comitato è un luogo di discussione interdisciplinare e pluralista. Questa la sua forza: proporre al governo una visione rigorosa e bilanciata sui temi in discussione. I nostri documenti si concludono sempre con raccomandazioni, che auspichiamo possano essere tenute in considerazione”.

E la politica?

“La nostra analisi è scientifica, non politica. Il nostro compito è di consulenza al Governo ma anche di informazione ai cittadini. Anche l’informazione ai cittadini è importante. Soprattutto oggi, in pandemia. Sono certa che aumentando l’informazione aumenterebbe anche la fiducia dei cittadini considerando che dietro a scelte politiche spesso difficili c’è un lungo e accurato lavoro di ricerca. Ogni scelta soppesa i pro e i contro e cerca di trovare soluzioni nella linea del bilanciamento”.

Venite pagati per questo lavoro?

“E’ un lavoro completamente gratuito e parallelo, peraltro, agli altri impegni scientifici e accademici di ciascuno di noi. I nostri pareri sono tutti disponibili on line e chiunque li può leggere collegandosi al sito www. bioetica.governo.it Abbiamo anche un sito in inglese, con tutti i documenti tradotti e rivisti: siamo presenti nel dibattito internazionale e dialoghiamo con i comitati in Europa e nel mondo”.


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