80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Nel frusinate l’ombra della mafia dei pascoli

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All’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, si trova il paese di Vallerotonda dove la signora Assunta Valente possiede una azienda agricola a conduzione femminile impegnata nell’allevamento di animali (pascolo tradizionale) e vendita di prodotti derivati. Da qualche tempo, come suggerisce il recente articolo di Redattore Sociale che qui rilanciamo, è stata oggetto di intimidazioni e minacce che lei ha prontamente denunciato alla stazione dei Carabinieri di zona. Da quanto si evince dalle denunce depositate, in pericolo non sono più solo i suoi terreni ma anche la sua vita: recinzioni danneggiate, furti di frumento e fieno, ferimento, avvelenamento e decapitazione del bestiame. Avvertimenti in piena regola.

Possibile che tutto ciò sia frutto di viltà e di brutale ma innocua inciviltà, oppure che, com’è lecito supporre, si tratti di mafia dei pascoli?

Nella cronaca conosciamo questa terminologia grazie a Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi sotto scorta da cinque anni proprio a causa delle continue minacce della mafia che lo voleva morto in un agguato del 2016. Un omicidio che sarebbe stato giustificato, secondo i criminali, a causa di quel Protocollo Antoci poi diventato legge di Stato che mette i bastoni tra le ruote a coloro i quali vogliono usurpare alla brava gente i terrenti agricoli e pascolivi per poter ottenere l’assegnazione di fondi europei destinati allo sviluppo delle zone rurali.

Leggendo le ultime relazioni 2020 della Direzione Investigativa Antimafia e il V rapporto mafie nel Lazio, nel frusinate dove si trova Assunta Valente, sono presenti sì proiezioni di consorterie soprattutto camorristiche e lucane dedite allo spaccio di droga, riciclaggio di denaro, scommesse, usura e smaltimento di rifiuti, in una progressiva collaborazione tra clan tradizionali, autoctoni e gruppi provenienti dalla criminalità estera, ma ci sono ben pochi riferimenti ai reati in agricoltura e ciò potrebbe ragionevolmente sviare l’attenzione dell’opinione pubblica su ciò che o non è mafia. Tuttavia basta spostarsi nelle regioni immediatamente limitrofe ed ecco che possiamo ripescare l’inchiesta della procura di Messina che solo l’anno scorso arrestava ben 94 persone tra la Sicilia e l’Abruzzo coinvolgendo la transumanza. Capiamo dunque che è mafia anche se passa inosservata e confonde.

Della mafia dei pascoli, a darci man forte, parla a tal proposito il IV rapporto Agromafie: “L’aspetto più allarmante del fenomeno” si legge, “è che non si tratta solo di azioni perpetrate da ladri occasionali, ma di veri e propri raid su cui ha steso la mano la criminalità organizzata: se è vero che spesso a compiere il furto sono bande provenienti da Paesi dell’Est europeo, è altrettanto vero che il più delle volte alle spalle vi sono come mandanti organizzazioni criminali di stampo mafioso (…) Il furto diretto dei prodotti della terra è l’altra grande piaga che colpisce gli agricoltori, privandoli in poche ore dei frutti di un lungo lavoro a cui si aggiunge, spesso, il danneggiamento delle stesse piante che restano improduttive per lunghi periodi (…) Risultano inoltre frequenti i casi di atti intimidatori o incendiari per costringere i legittimi proprietari a cedere appezzamenti e bestiame”.

In Italia, le azioni di contrasto finora messe in atto vanno dall’organizzazione delle ronde tra agricoltori all’installazione di fototrappole, passando, finanche, all’esasperazione e infine al timore per la propria incolumità.

Ma perché, ci chiediamo, se qualcuno come Assunta Valente fa un lavoro onesto deve essere scoraggiata, spaventata e indotta a lasciare la sua attività? Quale diritto hanno questi pavidi e loschi personaggi a farsi padroni in casa d’altri a suon di violenza e angheria?

Ci auguriamo che le Forze dell’Ordine possano al più presto far luce sulla vicenda e non ché, come purtroppo spesso accade, il sopruso si faccia beffa della tutela.


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