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La Polonia e la deriva fascista

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Arrivano come sempre, notizie abbastanza allarmanti dalla Polonia. Nel giorno considerato come quello dell’indipendenza polacca l’11 novembre si è svolta la consueta “Marcia dell’Indipendenza” organizzata dai partiti di estrema destra. È ormai da 10 anni che avviene la marcia nelle strade di Varsavia e sempre con il sostegno del Governo. Questa manifestazione si è svolta a pochissimi giorni di distanza dalla manifestazione contro il Governo in cui migliaia di persone sono scese per le strade dopo che si era appresa la notizia della morte della giovane Izabela. La donna incinta, era morta di setticemia dopo che si era vista negare la possibilità di aborto come da legge in vigore dallo scorso anno in Polonia che non permette l’aborto nemmeno in casi di malformazione del feto. Ed invece ieri come si è celebrato l’anniversario della nascita della Seconda Repubblica di Polonia, il giorno dell’indipendenza della Polonia (in polacco: Narodowe Święto Niepodległości), in cui si commemora l’anniversario della Seconda Repubblica di Polonia, 123 anni dopo la spartizione della Polonia nel 1795 da parte di Russia, Prussia e Austria. Da anni questa giornata è diventata l’occasione per le frange più estreme della destra nazionalista polacca, per scendere in piazza con manifestazioni molto impressionanti, sia per numero di persone che partecipano, sia per gli slogan dichiaratamente razzisti, omofobi e misogini sbandierati dai manifestanti. Una manifestazione che arriva in un momento critico per la Polonia in cui le cronache riportano di gravi tensioni al polacco-bielorusso. Il presidente illeggittimo della Bielorussia, Alexander Lukashenko minaccia infatti, di far entrare in Polonia migliaia di migranti, che in questo momento si trovano ammassati ai confini tra i due paesi. Nei giorni scorsi sono state arrestate circa 50 persone proprio sulla fascia di confine dove la Polonia ha sospeso le norme per l’accesso alle domande d’asilo, consentite solo ai valichi ufficiali, che però rifiutano le richieste di protezione internazionale e operano respingimenti verso la Bielorussia. Qualche settimana fa, le autorità di Varsavia avevano chiesto e ottenuto che la marcia non si svolgesse, ma un uffcio governativo quello per ‘i Veterani di Guerra e le Vittime di Oppressione’, ha dato il suo patrocinio alla manifestazione, di fatto autorizzandola. Alcuni video mostrano bandiere con simboli nazisti e manifesti contro le persone lgbt, i migranti e l’Unione Europea. Da non sottovalutare anche che questa manifestazione è avvenuta contro tutte le regole anti-Covid, proprio ora che la Polonia è tra i paesi europei con un altissimo numero di contagi da Covid-19. La polizia durante la marcia ha cercato di separare il raduno degli estremisti di destra dalla manifestazione governativa e da quella delle opposizioni democratiche ed europeiste. L’opposizione polacca sta accusando il PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia) il partito al governo in Polonia, di star fomentando i sentimenti nazionalisti più estremi per indirizzare l’odio delle persone verso Lukashenko e la minaccia bielorussa dei migranti. Di fatto, l’opposizione, accusa il governo di ‘aizzare’ gli animi più estremi portando ancora una volta la Polonia a quella deriva fascista in cui il Governo è sicuramente complice e potrebbe degenerare nella rinascita di un estremo nazionalismo. C’è da chiedersi, considerando che la Polonia è membro dell’Unione Europea dal 2004, se sia ancora il caso che ne faccia parte. In un bellissimo articolo uscito su Internazionale dal titolo Il paradosso della crisi tra la Polonia e l’Unione europea Pierre Haski, azzarda l’ipotesi che invece di essere l’Europa a prendere decisioni nei confronti della Polonia è il governo polacco stesso che al contrario, vorrebbe cambiare l’Unione dall’interno. Lo scorso 7 ottobre 2021, la Corte Costituzionale polacca, ha stabilito che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione Europea deve essere conforme alla legge polacca, per essere applicato in Polonia. Eppure questa decisione “non spinge la Polonia fuori dell’Ue, ma – spiega Haski – la allontana dallo spirito e dalle regole comunitarie, senza però forzare un processo di uscita”. Il settimanale britannico The Economistaggiunge Haski – fa bene a sottolineare che “la Polonia rappresenta un problema per l’Unione europea, precisamente perché non vuole uscire dal club”. Probabilmente, aggiungiamo noi, se venissero applicate serie sanzioni e ci fosse la volontà degli altri paesi europei, al di là degli interessi economici, una soluzione non sarebbe poi così difficile da trovare.


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