Nei primi anni sessanta si tenne un dibattito di altissimo livello politico tra Palmiro Togliatti e Ugo La Malfa sul “modello di sviluppo”. Per nostra fortuna la vinse il grande economista siciliano, ex partigiano, delfino di Parri e amico di Frisella Vella. La Malfa rappresentava la finanza laica ed onesta che ricostruì l’Italia. La sua onestà lo portò a diventare un nemico per Sindona, difatti lo statista siciliano neutralizzò il banchiere vicino alla mafia. La Malfa ne ebbe un danno politico enorme quando, primo laico incaricato come Presidente del Consiglio, da Pertini, fu silurato proprio dagli andreottiani. Pochi mesi dopo ne morì. Stranamente quello che non fu consentito al laico La Malfa fu concesso ad un socialista, che però si chiamava Craxi, da San Fratello (ME).
In questi giorni Draghi ha commemorato Ugo La Malfa in modo sentito e partecipato, esaltando la necessità di avere un “progetto”. Il Presidente, che nacque professionalmente proprio ai tempi di La Malfa, rappresenta una sintesi vincente tra finanza “laica” e “cattolica”, inoltre ha risolto le secolari diatribe tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro; risulta pertanto indubbia la sua capacità di mediare e decidere. Oggi la posta è più alta. Proprio prendendo esempio da Ugo La Malfa il governo dovrebbe riuscire a mostrare se ha un’anima politica, aprendo un dibattito serio.
Quello che Draghi chiama semplicemente “progetto” sarebbe preferibile divenisse un “lamalfiano” modello di sviluppo. Però si dovrà prendere qualche elemento veramente nuovo, perché sessanta anni fa di ambiente si preoccupavano, a tempo pieno, solo i nativi americani: “Koyaanisqatsi!”. Greta ci ha fatto capire che il pianeta è veramente “nostro” (di tutti) e che quindi l’economia fondata sulla depredazione e lo sfruttamento (di risorse ed esseri umani) è da abbandonare, perché ha portato alla devastazione della vita di miliardi di individui. Oggi manca il dibattito, ma soprattutto mancano i politici di alto profilo, per cui rimpiangiamo i La Malfa e i Togliatti.