I dati che seguono sono una summa di quanto l’Associazione Antigone rileva, con scadenze regolari, della vita carceraria in Italia. L’Associazione Antigone “per i diritti e la garanzia del sistema penale” (nata a fine anni ’80 e composta da magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che, a diverso titolo si interessano di giustizia penale e penitenziaria) è l’unica realtà esterna alle Istituzioni che, con diversi strumenti e modalità, può realizzare studi specifici e generali sulle condizioni degli istituti di pena. Le cifre qui selezionate e riassunte sono aggiornate al 31 ottobre 2021.
Il sovraffollamento delle carceri italiane è del 106,8%; sui 194 istituti di pena visitati da Antigone, ben 12 contengono un eccesso di persone detenute che va oltre il 150%. Celle schermate, prive di docce; alcune del tutto prive di acqua, a volte prive di acqua calda, alcune con il wc a vista. Diciotto i suicidi a metà 2021 e nei soli primi 3 mesi dell’anno 2.461 gli atti di autolesionismo. Nel 2020 i suicidi sono stati 62 e il numero di suicidi ogni 10.000 detenuti è stato il più alto degli ultimi anni. Le carceri visitate dagli osservatori di Antigone ospitavano 24.418 detenuti. 19.000 detenuti, devono scontare meno di 3 anni. Questi ultimi, se si eccettuano i condannati per reati ostativi (i più gravi), avrebbero potenzialmente accesso alle misure alternative. Se solo la metà vi accedesse il problema del sovraffollamento penitenziario sarebbe risolto. La detenzione costa allo Stato 3 miliardi, di cui il 68% è impiegato per la polizia penitenziaria. 280 sono i milioni di euro stanziati per il sistema di giustizia minorile e le misure alternative alla detenzione. Chi commettere reato e viene sottoposto a esecuzione penale esterna costa allo Stato 12 euro al giorno, mentre un detenuto (quindi in carcere) costa allo Stato 163 euro al giorno. Solo nel 65% degli istituti visitati da Antigone, meno di 2/3, c’era un direttore assegnato in via esclusiva. Negli altri, il direttore era responsabile di più di una struttura. Fortissimo lo squilibrio tra personale di custodia e personale dell’area trattamentale: il rapporto medio negli istituti visitati era di un poliziotto penitenziario ogni 1,6 detenuti e di un educatore ogni 91,8 detenuti. Solo 1/3 dei detenuti lavora. Durante la pandemia la scuola in presenza ha conosciuto interruzioni nel 94% degli istituti. Nel 60% delle carceri le attività in presenza sono state interrotte per almeno 3 mesi, 1/3 dell’anno scolastico. Sono pochi i casi in cui è stata garantita la didattica a distanza. Alto è stato il tasso di abbandono scolastico: almeno 1 studente su 3. Antigone è coinvolta in 18 procedimenti penali che hanno per oggetto violenze, torture, abusi, maltrattamenti o decessi avvenuti negli ultimi 15 anni in varie carceri italiane. Alcuni di essi si riferiscono alle presunte reazioni violente alle rivolte scoppiate in alcune carceri tra il marzo e l’aprile 2020 per la paura generata dalla pandemia e per la chiusura dei colloqui con i parenti. Questi alcuni dei procedimenti: Carcere di Monza; Carcere di San Gimignano; Carcere di Torino; Carcere di Milano Opera; Modena; Melfi; Pavia; Santa Maria Capua Vetere. La recidiva – cioè la ripetizione del reato da parte del detenuto uscito di galera – dei crimini per le persone che hanno vissuto la pena in carcere arriva al 70%, in Esecuzione Penale Esterna (EPE)si ferma al 19% (per EPE s’intende l’affidamento in prova al servizio sociale; la detenzione domiciliare; la semilibertà) e quest’ultima non è una diminuzione della condanna solo per il fatto di essere vissuta fuori da una cella, ma è un modo di scontare il tempo della pena come tempo produttivo, in uno spazio dove il condannato avvicini sé e la propria colpa alla società nella quale vive, per non commetterla nuovamente. Una legge sull’ordinamento penitenziario non si rinnova dal 2000, cioè da 21 anni e dopo varie punizioni inflitte all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, per i fatti del G8 di Genova nel 2001, per sovraffollamento e violazioni dei diritti umani reiterati, che hanno avuto il loro apice nel 2013 con la Sentenza Torreggiani, fino a oggi.
L’idea di Pena e di come espiarla non è solo un fatto giuridico, ma una questione mentale, psicologica, un retaggio culturale, sociale, antropologico.