Già trent’anni senza il genio irriverente di Freddie Mercury, la sua irrequieta grandezza, la sua estroversa e irriducibile bellezza d’animo. Trent’anni da quando ebbe il coraggio di ammettere pubblicamente di essere malato di AIDS, trent’anni da un addio che ci brucia dentro perché ci rivela la parte di noi che abbiamo perso, mettendo in luce la nostra fragilità, il nostro dolore, la nostra incomprensione esistenziale e le nostre ansie, i nostri tormenti, la nostra costante paura di non farcela e di essere costretti a mollare.
Freddie Mercury, con i Queen e il suo rock assolutamente inimitabile, ha scritto alcune fra le pagine più significative della storia della musica. Ha inondato di gioia il nostro immaginario, ci ha emancipato da alcuni schemi ormai vetusti, ha reso felice il nostro stare insieme e meno accidentato il nostro cammino. Potere della musica, si dirà, ed è vero. Ma il potere è soprattutto di quella musica, di quella generosità artistica, di quella leggerezza nel cantare e nel suonare che resero la sua band una delle più seguite al mondo. Un simbolo, un mito, un punto di riferimento, un’icona senza tempo di cui Mercury era il volto più significativo, l’immagine stessa, il genio irregolare e visionario che sapeva trasformare in poesia anche solo un sospiro.
Al suo talento senza eguali sono stati dedicati film e ricordi di varia natura, a dimostrazione di una storia sempre attuale e indimenticabile, di una potenza espressiva che si spinge oltre i confini del tempo, di un mutamento interiore che attraversa i decenni e sconvolge chiunque venga in contatto con la sua rivoluzione.
Freddie Mercury è stato un vento travolgente, una rapsodia della passione, un cantore capace di spingersi al di là di ogni schema e di modificare per sempre il nostro modo di sentire e di essere. Aveva quarantacinque anni quando disse addio alla vita, congedandosi da par suo, senza infingimenti, dopo aver rivelato a tutti il suo male e reso la sua stessa esistenza una testimonianza. Tre decenni dopo parlare di AIDS non è più tabù e lo dobbiamo anche a lui, alla sua voce inconfondibile, alla sua lucida follia e al suo essere stato sempre orgogliosamente dalla parte del torto, che spesso è dove si trovano le ragioni più vere e insondabili, destinate a cambiare ogni cosa e a rendere diverso e migliore il cammino della comunità.
P.S. Dedico quest’articolo agli ottant’anni di Franco Nero. Attore poliedrico e di altissimo livello, è stato protagonista di molte stagioni del cinema italiano e mondiale. Abbracciarlo, in un momento così importante della sua vita, è il minimo che si possa fare.
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