Scomporre per ricomporre il sistema politico italiano. Obiettivo l’abbattimento del meccanismo bipolare. Nei primi anni della Seconda Repubblica, sia pure con fini diversi, è il disegno di Gianni De Michelis e Rocco Buttiglione. Ma sia l’ex vice segretario socialista sia l’ex esponente Dc fallirono nell’impresa. Da qualche mese si sta cimentando nel progetto, basato su una visione neocentrista, Carlo Calenda. E il leader di Azione ha assestato già un buon colpo piazzando il suo partito al primo posto nelle elezioni comunali a Roma, precedendo il centro-destra, il centro-sinistra, i cinquestelle.
Ora scende in pista Massimo D’Alema. Il sistema politico italiano? Responso: «Va ricostruito. Compresi i partiti». Ex presidente del Consiglio, già segretario del Pds, dei Ds e della Fgci, sostenitore della nascita del Pd, ora «militante di base» di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista, è un fiume in piena in una lunga intervista al ‘Corriere della Sera’.
Punto uno: basta con la legge elettorale maggioritaria. Non è uno scherzo. La Seconda Repubblica è nata e si è sviluppata dal 1994 su quattro leggi maggioritarie: Mattarellum, Porcellum, Italicum, Rosatellum. C’è addirittura chi propone, come Paolo Mieli, una quinta legge maggioritaria. Ora invece D’Alema si colloca sulla sponda opposta del proporzionale: «Il sistema non funziona. Produce ammucchiate elettorali che si scontrano in modo violento». Sì al ritorno del proporzionale e al finanziamento pubblico ai partiti sul modello tedesco «che limita l’instabilità che il proporzionale può portare».
Punto due: no al semipresidenzialismo proposto dal leghista Giancarlo Giorgetti e destinato a Mario Draghi. Boccia l’idea del presidente del Consiglio al Quirinale: «Il Paese ha bisogno che Draghi continui a governare. Dal Quirinale non si governa, si svolge un ruolo di garanzia… Non vorrei che ora inventassimo un semipresidenzialismo di fatto. Con la Costituzione non si scherza, altrimenti si logora il sistema democratico». Elogia ma picchia con eleganza su Draghi: il G20 è «stato molto ben condotto, ma dai risultati modesti». Un altro siluro a Draghi e al semipresidenzialismo di fatto.
Punto tre: vanno rifatti i partiti. In particolare vuole smontare e rimontare un nuovo Pd su una forte base ideologica di sinistra: il Partito democratico nacque nel 2007 «quando si teorizzava che le ideologie erano finite, e servivano partiti aperti, senza strutture. Tutte queste idee erano sbagliate. Nello stesso tempo, la destra prendeva forza perché, al contrario, era ideologica e strutturata». Comunque apre la porta a un possibile ritorno degli scissionisti Ds nel Pd. Apprezza Enrico Letta: «Si è aperto un dialogo».
D’Alema smentisce di smentirsi: nel 1993 fu favorevole al sistema elettorale maggioritario ma allora «è stato giusto. Si apriva una fase nuova, serviva un ricambio…». Anche sul disco verde alla fondazione del Pd smentisce di smentirsi: ci fu un momento «in cui si scongelava la guerra fredda, era giusto liberarsi di un certo bagaglio ideologico».
Alla mente torna una celebre frase di Hegel: «Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale». I marxisti-leninisti di un tempo con questa citazione del grande filosofo tedesco evitavano di riconoscere e giustificavano tutti i propri errori passati.