«Dov’è Tina Merlin adesso? Insieme ai giornalisti che raccontano le tragedie invisibili del nostro Paese e che per questo spesso rischiano aggressioni e minacce». Così Marco Paolini dal palco del Teatro Comunale di Belluno, dove stamattina si è tenuto il convegno nazionale per il trentennale della morte della giornalista che raccontò il Vajont, l’unica che raccolse le preoccupazioni degli abitanti di Erto e Casso prima dell’onda del 9 ottobre 1963 e che seppe fare il lavoro da “cane da guardia” del potere, andando contro la Sade e i potentati economici. Un evento con 400 persone in presenza, voluto dal Sindacato giornalisti Veneto e dalla Fnsi, e organizzato insieme all’Assostampa bellunese, ad Articolo 21 Veneto e alla Provincia di Belluno, con l’associazione culturale Tina Merlin, i Comuni di Belluno, Longarone e Borgo Valbelluna, e con le Scuole in Rete.
Dov’è Tina Merlin adesso? «C’è, ce ne sono tante. Sono i giornalisti precari che vengono anestetizzati con le querele bavaglio e con compensi da fame» la risposta di Giuseppe Giulietti, presidente Fnsi, in un accorato appello al ministro Federico D’Incà, presente a teatro per sbloccare le leggi contro le querele temerari e per l’equo compenso dormienti in Parlamento.
Dov’è Tina Merlin adesso? «Sarebbe tra gli operai di Ideal Standard e di Acc , a raccogliere le loro voci in ansia per il futuro delle fabbriche dove lavorano in Sinistra Piave» la risposta di Adriana Lotto, presidente dell’associazione culturale Tina Merlin, che ha tracciato un profilo preciso e appassionato allo stesso tempo della cronista, della staffetta partigiana, della donna e madre Clementina Merlin, detta Tina.
Ma anche Marco Paolini ha dato la sua risposta. L’attore noto al grande pubblico soprattutto per l’Orazione Civile sul Vajont ha lasciato le prove della prima nazionale del nuovo spettacolo “Sani!” (domani sera al Teatri Verdi di Pordenone) per tornare – oltre 20 anni dopo – a parlare di Vajont e di Tina Merlin. «“Sulla pelle viva”, il libro scritto dalla Merlin sulla tragedia del 9 ottobre 1963, mi ha trasmesso qualcosa di cui non riuscivo a liberarmi. È quell’emozione che oggi bisogna ritrovare in tutte le cose che si fanno. Perché l’emozione è cura. Cura delle cose, cura delle persone, cura dei paesaggi… “Sulla pelle viva” è un libro che produce un’emozione e fa nascere una curiosità verso la storia di Tina Merlin e del Vajont. Oggi viviamo in una società di dati, ma i dati da soli non bastano: servono le emozioni. Questa è la grande eredità di Tina Merlin».
Emozione trasmessa ancora oggi dalle parole scritta da Tina Merlin fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Novanta, e lette con passione dall’attrice Anna Tringali del Teatro Bresci.
Emozione tradotta in segnalibro ricordo realizzati con alcune frasi di Tina Merlin dalle persone giovani e meno giovani con disabilità nei laboratori della cooperativa onlus Portaperta di Feltre e donati a tutti i presenti.
Emozione che è diventata il filo rosso dell’intervento di Floriana Bulfon, giornalista d’inchiesta e vittima di minacce e querele bavaglio: «Tina ha lottato per la sua gente, in un periodo in cui quella gente nessuno voleva ascoltarla» le sue parole d’esordio. «Anche oggi ci sono parole, moniti soprattutto, che nessuno sembra voler ascoltare. Il nostro Paese dovrebbe aver imparato il concetto di dissesto idrogeologico. Invece continuiamo a costruire sul fango e a cementificare sui morti. Bisogna recuperare il modello della denuncia. Uscire, ascoltare le persone, raccontare, scrivere. Osservare, soprattutto osservare».
Osservare come è normale per un giornalista d’inchiesta e come dovranno fare i ragazzi delle scuole bellunesi, a cui è dedicato il concorso lanciato sempre dal palco del Comunale da Franco Chemello, coordinatore di Scuole in Rete: un tema sulla figura di Tina per il biennio delle superiori; un articolo d’inchiesta per i ragazzi del triennio. Dovranno osservare, proprio come faceva Tina Merlin. Che ha sempre sofferto il peso della realtà povera, contadina, e scarsamente scolarizzata in cui viveva. Una condizione di subalternità che è stata stigmatizzata anche dagli studenti della consulta provinciale e delle Scuole in Rete. Anche da loro un appello accorato, sullo stile di Tina: «Se vogliamo contrastare lo spopolamento della montagna, si deve partire dall’istruzione. E servono facoltà universitarie a Belluno e in provincia, perché la formazione e l’istruzione sono dignità. E la dignità è la base della libertà e della democrazia». Insomma, la lezione di Tina, trent’anni dopo, è ancora viva.
Lo hanno ribadito in apertura dei lavori l’assessore comunale di Belluno, Marco Perale, il presidente della Provincia e sindaco di Longarone, Roberto Padrin e il ministro bellunese D’Incà che, insieme a Giulietti, ha proposto di dedicare a Tina Merlin e alla libertà di informazione quale presidio democratico, un luogo pubblico, una via, un parco, una piazza magari con un monumento.