Le elezioni per il rinnovo dell’Ordine Lombardo e Nazionale sono state un mezzo terremoto. Per i patiti di statistiche la lista “Rinnoviamo l’Ordine” ha conquistato 7 posti su 7 per i professionisti al Consiglio Nazionale e 5 su 6 al Consiglio Regionale. En plein anche per i revisori dei conti.
Questi successi sono significativi ma non spiegano tutto. Un bravo risolutore di sudoku potrebbe argomentare di intrecci di correnti “ideologiche” e bizantinismi del sistema elettorale. E probabilmente aggiungerebbe un altro pezzetto di spiegazione. Io non ne sono capace, ma penso di aver capito un paio di cose e le condivido.
Primo: abbiamo vinto le elezioni perché abbiamo intercettato un’impetuosa voglia di cambiamento. Giovani colleghi inchiodati alla precarietà, ma anche giornalisti più stagionati stanchi di un immobilismo correntizio. Forse non c’è neppure una direzione univoca: il cambiamento invocato è uno stato d’animo.
Secondo: a spanne hanno votato circa 800 professionisti e più della metà ha votato per la lista Rinnoviamo l’Ordine, con lo straordinario risultato di. 503 preferenze per la giovane – anagraficamente parlando – Ester Castano. Rimanendo fuori dal seggio domenica abbiamo visto che l’età media era piuttosto alta. E il parziale del voto “in presenza” assegnava un risultato molto diverso da quello finale. Il voto online – come insegna il cuoco televisivo Alessandro Borghese – ha cambiato tutto. Non ho un identikit preciso dei votanti ma alcuni indizi mi spingono a dire che probabilmente era un elettorato più giovane, più abituato alle liturgie digitali, forse attratto da quel desiderio di cambiamento di cui ho parlato prima.
E’ stato un investimento. Ci hanno detto: “voi dite che c’è bisogno di un Ordine più leggero, che sappia accorciare le distanze fra istituzioni di categoria e giornalisti, voi avete detto che occorre ricostruire la credibilità del giornalismo, puntando sulla deontologia e il rispetto delle regole. Ok, vi diamo la possibilità di provarci. Ma non è un assegno in bianco”.
Ora tocca a noi. Potremo sbagliare, perché il panorama del giornalismo è fluido, con il potere decisionale sempre più sbilanciato a favore delle big tech, con i redattori sempre meno in grado di contrastare le junk-news. Ma sarebbe peggio non provarci.