Sappiamo tutti che il processo per accertare i responsabili della tortura e uccisione di Giulio Regeni sarà solo una favola giudiziaria. Ce la racconteremo senza imputati per consolarci di un affronto che nessuno stato europeo avrebbe tollerato, mentre noi abbiamo incassato l’ostruzionismo oltraggioso egiziano, per interessi economici da tutelare. E’ duro ammetterlo, ma valgono più le commesse con il Cairo, che la vita di un connazionale, a cui – prima di ucciderlo – sono stati fracassati 5 denti e 15 ossa. Ora il processo farsa inizia con uno scrupolo procedurale sulla certezza che gli imputati siano stati correttamente informati del procedimento a loro carico.
Così, dopo tutto il clamore mediatico succeduto alla scoperta di questo assassinio, il richiamo (pro-forma) dell’ambasciatore, le missioni in Egitto dei nostri investigatori, la corte ha deciso di rinviare tutto al gup, perché non convinta che gli imputati sappiano cosa stia succedendo in aula. In questa commedia giudiziaria entra in scena anche la Stato, annunciato con tre colpi di bastone come parte civile, per evidenziare il danno alla Nazione del reato. Tutto sfarzoso, tutto fasullo. Perché una cosa è certa: i responsabili non li avremo mai in cella, le aziende italiane continueranno i loro affari con gli egiziani (soprattutto nel settore armamenti), ma la messinscena processuale sarà impeccabile.
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