Gli Usa stanno per rivivere la crisi di Cuba a Taiwan a ruoli invertiti. Nell’Ottobre del 1961, l’America sente la presenza russa troppo vicina alle sue coste e si sfiora l’incidente che può far incendiare la guerra fredda. Oggi è Pechino a considerare la piccola isola indipendente come zona di propria influenza e a ritenere incompatibile con la propria sicurezza le ingerenze americane. Ma Taipei – sfruttando l’innalzamento della tensione tra le due superpotenze – ha intensificato i legami con Washington e Biden ha dichiarato senza precauzioni dialettiche che “l’America difenderà l’isola da eventuali attacchi cinesi’.
Siamo come 60 anni fa vicini al peggio? La rotta di collisione tra i due giganti è palese da anni: gli Usa in ansia da declino e la Cina in febbrile espansione. Taiwan oggi – come Cuba allora – può diventare il pretesto per mandare in combustione due frustrazioni in conflitto con effetti catastrofici. Ma non si vedono lungimiranti Kennedy e Chruščёv impegnati a mediare. Anzi, quello che più preoccupa è la cappa di silenzio che avvolge la vicenda, come se il conflitto cino-americano fosse ritenuto inevitabile per decretare la “superpotenza alfa” del nuovo mondo. Un pianeta-urna pieno di cenere nucleare.