Ad un mese dalle elezioni del 1948, su ordine di Michele Navarra, Luciano Liggio rapiva Placido Rizzotto, poi infoibato vicino Corleone. Come partigiano e segretario della CGIL Rizzotto era un nemico, soprattutto perché lottava per la consegna delle terre ai contadini. Nel ’48 decine di sindacalisti furono trucidati dalla mafia, perché nemici degli interessi mafiosi, anche elettorali. L’assalto dell’estrema destra alla sede della CGIL rimanda a quei giorni, più che al 1921. Sconcertante la concomitanza con l’aggressione di mafiosi cinesi ai sindacalisti di Prato.
Basta scorrere l’elenco degli estremisti di destra per notare la contiguità tra l’eversione nera e la mafia: Carminati, Piscitelli/Diabolik, Aronica, De Tommaso. Negli anni settanta un boss catanese era “punito” con il soggiorno obbligato a Roma, dove i fascisti pariolini frequentavano la malavita e già operava il cassiere della mafia. Subito venne la banda della Magliana. Come acclarato nei film americani: i mafiosi non sono comunisti. Anche i criminali hanno il mito del superuomo.
Nonostante i “Daspo” gli ultras (termine e ideologia fascista) gestiscono le tribune degli stadi, in perfetto accordo con le mafie nazionali. Uno spettacolo indecoroso che avviene alla luce del sole, cementato da saluti romani, cori e striscioni razzisti e caratteri di stampa tipicamente fascisti, tutto ben tollerato dalle società calcistiche e dalle polizie. Forse anche per questo davanti alla sede della CGIL c’erano solo tre poliziotti, un po’ come per l’assalto a Capitol Hill, ma anche a Prato. Solo che il presidente Usa era un estremista che aizzava i fascisti americani. In Italia vorremmo altri risultati.