Un disastro. Per i cinquestelle non c’è nemmeno la speranza del ballottaggio a Roma e a Torino. Il 17 e il 18 ottobre ci saranno solo esponenti del centro-destra e del centro-sinistra a contendersi la poltrona di sindaco nella capitale e nel capoluogo piemontese.
Virginia Raggi non ce l’ha fatta ad essere confermata sindaca di Roma: è arrivata addirittura quarta nella corsa per il Campidoglio dopo Michetti, Gualtieri e Calenda. Perfino la lista elettorale di Calenda dal nulla è diventata la prima a Roma con il 20% dei voti. Chiara Appendino nemmeno si è ripresentata per un secondo mandato a Torino e la cinquestelle Valentina Sganga è stata sonoramente bocciata nelle urne.
Uno smacco enorme per Giuseppe Conte eletto presidente del M5S ad agosto con l’incarico di “rifondare” e rilanciare il Movimento sconvolto da una grave crisi. Niente ballottaggio a Roma e a Torino per i pentastellati. Gli elettori non hanno apprezzato né l’amministrazione della sindaca Raggi né della sindaca Appendino né i risultati dei tre governi con i cinquestelle in un ruolo di grande rilievo: Conte uno, Conte due, Draghi.
Il grande scontento per la sonora sconfitta nelle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre è appena mitigata dal successo nelle città (come Napoli) nelle quali i grillini si sono presentati alleati con il Pd. La rivolta interna per la disfatta elettorale emerge solo a tratti, trattenuta dalla necessità di evitare altre divisioni alla vigilia dei ballottaggi del 17 e 18 ottobre.
Le accuse sono tante: dal tradimento delle battaglie anti élite delle origini alla alleanza subalterna con il Pd e all’accettazione di Draghi come presidente del Consiglio, l’uomo visto in passato come il grande avversario, l’espressione della tecnocrazia europea.
Davide Casaleggio ha detto addio, Alessandro Di Battista ha attaccato a testa bassa il sì al governo Draghi, oltre 100 parlamentari pentastellati in tre anni sono stati persi per strada. L’assenza al ballottaggio a Roma e a Torino è una batosta micidiale. La perdita delle due grandi città governate per cinque anni da due sindache grilline, ha un alto significato simbolico del disfacimento. Come affrontare il futuro? Beppe Grillo è intervenuto con un criptico tweet su Internet: «Dodici anni fa abbiamo fatto l’impossibile. Ora dobbiamo fare il necessario!». Cosa significa il messaggio simile a tanti oscuri vaticini della Sibilla Cumana? Conte non ha saputo rispondere alle domande dei giornalisti. L’ex presidente del Consiglio è caduto dalle nuvole: «E che sono io l’interprete dei post di Grillo?».
Tra Grillo e Conte da mesi non corre più buon sangue. Il fondatore dei cinquestelle prima ha voluto “l’avvocato del popolo” nuovo capo del Movimento, poi è esplosa la rissa. L’ha clamorosamente scaricato perché «non ha visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Conte invece l’ha accusato di voler essere il «padre-padrone», il vero capo del M5S. Ha detto «no ad una diarchia, la leadership deve essere chiara. E io non faccio il prestanome». Quindi è arrivata una difficile mediazione e un faticoso accordo e Conte è stato eletto presidente di un Movimento tutto da ricostruire. Ha ammesso la sconfitta alle amministrative: «Il nuovo corso non ha potuto dispiegare appieno tutte le sue possibilità». Già, chissà se potrà continuare a guidare il nuovo M5S per tentare il rilancio.