“Non mi piace che ci sia una piazza dedicata a Giancarlo Siani”.
Parole (e musica) di Benedetto Migliaccio, ex sindaco di Vico Equense. Il tutto perché – spiega – “la mia città non è terra di camorra e il messaggio che ne verrebbe fuori sarebbe semplicemente sbagliato”.
Parole come queste sono pericolosissime perché contribuiscono alla “damnatio memoriae” – la cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una determinata persona -, ovvero esattamente ciò che vorrebbero le mafie. Prima ti delegittimano, poi ti isolano, alla fine ti colpiscono e, dopo la morte, fanno di tutto perché nessuno ricordi.
Parole come queste rischiano di contribuire al peggior revisionismo.
Purtroppo viviamo un momento assai pericoloso in questo Paese, in cui le battaglie più importanti vengono relegate a “vecchi adagi”. Una sorta di esercizi di retorica sterili ed inutili, come se la memoria fosse qualcosa da cancellare per non “rovinare” l’immagine di un Paese.
Ed ecco che Giancarlo Siani, modello per tante persone, diventa un “pericolo” d’immagine. Ecco che il fascismo viene “sdoganato” come non più attuale e, quindi, elevato ad opinione e non più a crimine. Ecco che, il concetto più nobile nato con le lenzuola bianche di Palermo nella lotta alle mafie, diventa “fa più danni l’antimafia”. Tutto viene rivisto al ribasso. La sofferenza, il dolore delle famiglie, relegati ad una “questione di famiglia”. Tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere, una memoria da custodire affinchè non accada mai più.
Perché “trattare con la mafia è indispensabile per porre fine alle stragi” e chi trattò, consegnando la vita di tanti servitori dello Stato ad una morte certa, viene etichettato quasi come un eroe.
No, gli eroi – che mai avrebbero voluto questa etichetta – sono persone come Giancarlo Siani, a cui una piazza intitolata non sarebbe mai piaciuta, ma è indispensabile. Quella piazza non serve – solo – per ricordare lui, serve per ricordare affinchè non accada mai più. E servirebbe in ogni città, non solo a Vico Equense. Per far comprendere a tutti, soprattutto ai ragazzi, che chinare la testa non si deve e che alzarla, denunciando, si può.