“E se tornasse Gesù?”. Padre Enzo Fortunato ha trasformato questa domanda nel suo ultimo libro edizioni San Paolo.
Maliziosamente qualcuno potrebbe aggiungere al titolo anche un sottotitolo tipo: “Si incazzer..be” ma noi preferiamo seguire il frate francescano conventuale, giornalista e scrittore oltre che parte della “famiglia” di Articolo21 nello svolgimento e stesura di questa pubblicazione che a volte sembra un diario – collettivo, più che personale – a volte un compendio di parti evangeliche alternate a tratti di letteratura e storia.
Tutto ruota attorno alla domanda iniziale.
Un quesito che più che avere un indirizzo ecumenico viene rivolto a ognuno di noi.
Nell’introduzione Padre Enzo immagina di trovarsi Gesù proprio dietro la porta della redazione della rivista che dirige in Assisi.
Un giorno come un altro questo Gesù raffigurato nella copertina in jeans e maglietta bussa alla porta della “fucina” dove si trova Padre Enzo insieme ai colleghi e colleghe che ognuno di noi ha imparato a conoscere anche durante gli incontri in sala stampa.
Lo stupore, la felicità, il timore di non essere all’altezza di questo Gesù pervade il lettore oltre che l’autore che ricorda come l’inaspettato arrivo di Gesù, a detta dello stesso Papa Francesco -, oggi sarebbe relegato fra le notizie di un giornale di provincia, evocando anche la domanda del Vangelo di Luca: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (18,8).
“La domanda è terribile, e terribile che la risposta possa essere consegnata all’indifferenza – scrive padre Enzo — E’ come se il Vangelo ci spingesse a immaginare non solo che Cristo tornerà, ma che sia tornato, che sia qui e ora, e che a noi spetti corrispondere alla sua presenza tangibile”.
La domanda non è quindi cosa fa l’umanità ma “cosa faccio io?”.
Di fatto Padre Enzo ci consegna il titolo del suo libro “E se tornasse Gesu” al pari di una provocazione trasformando un semplice – solo all’apparenza – quesito nella vera e propria domanda del Cristianesimo.
Nel suo incedere di parole scritte che prendono la forma dei propri passi Padre Enzo si avvale delle riflessioni di guide che non sempre hanno la sua stessa visione/vocazione.
Nel capitolo “Il cammino” eccolo riportare l’intenso passaggio sferzante e realistico di Nietzsche sulle chiese che sono diventate tombe e sepolcro di Dio. Dove solo la lucidità di un uomo folle ripristina la verità:”…Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino a oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci?…)”.
Ma se nell’ introduzione il francescano che apre la porta a Gesù immagina le sue reazioni esclamando: “Ho sbagliato tutto? Ti ho compreso” scoppiando in lacrime, nel mezzo del cammino del suo libro alimenta la speranza: “Gesù insegna che l’amore segue vie misteriose ed è in grado di mostrarci strade sconosciute sia al rigore delle leggi, sia alle consuetudini e ai pregiudizi della società.
“Colui al quale si perdona poco, poco ama. Dice Gesù e vuol dire che davvero la chiave del perdono è contenuta nella possibilità di amare. E insegna anche che tutti devono sentirsi degni di amare. A volte capita che le persone sprofondino tanto in basso, anche rispetto ai loro propri occhi, da temere che nessuno voglia corrispondere al loro amore”.
Il libro si chiude con i ringraziamenti che l’autore rivolge a chi scrive alla redazione della Rivista di San Francesco.
Definisce quelle lettere “fonte di forza e di profonda gratitudine”. Le chiama “Anime salve” ma la loro salvezza in fondo risiede solo nelle loro “semplici” storie di vita quotidiana.
Cinque pagine bianche chiudono senza concludere il libro forse per lasciare che ogni singolo lettore aggiunga il suo pezzo di risposta (o di sottotitolo) alla domanda: “E se tornasse Gesù?”.
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