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Destra sconfitta nella città “nera”. E il primo messaggio è lo striscione dedicato a Falcone e Borsellino

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Era lì, pronto, sul balcone del primo piano del Comune di Latina, quello inaugurato da Benito Mussolini. Sì, era proprio là, conservato per il momento giusto: lo striscione con l’immagine simbolo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, seduti uno accanto all’altro nella celebre foto che da 1992 indica il senso della lotta alla mafia. Sono passate da poco le 17 del lunedì in cui il centrosinistra si porterà a casa la vittoria delle amministrative 2021. Anche a Latina. La vittoria del sindaco uscente Damiano Coletta è ormai sicura, un corteo sempre più folto si sta dirigendo dal point elettorale a piazza del Popolo. La festa sta per iniziare mentre un uomo con la barba, i jeans e gambe che corrono per le scale, sale al primo piano, raggiunge il balcone e srotola quello striscione. Sotto all’immagine dei due magistrati uccisi dalla mafia c’è lo stemma “Comune di Latina”. Due mani spuntano da quella che resterà per sempre la foto simbolo delle elezioni 2021, sono le mani di Fabio D’Achille, un passato di ultrasinistra e un presente da responsabile della commissione cultura. Lo aveva promesso a se stesso e lo ha fatto. Un messaggio senza didascalia a Claudio Durigon, il deputato leghista sottosegretario all’Economia che questa estate aveva detto su un palco a Latina di voler cambiare l’intitolazione del parco a Falcone e Borsellino per ripristinare il vecchio nome, quello di Arnaldo Mussolini. Frase che gli è costata moltissime critiche, polemiche che hanno superato i confini della sua città e, alla fine, il posto nel Governo. E’ accaduto all’inizio di settembre, ma la partita non era finita. D’Achille era lì, ad aspettare il momento giusto per ripristinare cosa si intende, adesso a Latina, per “città dei diritti”. La foto da 24 ore sta facendo il giro di tutti i social, è la più esplicita dichiarazione di replica all’oscena proposta di Durigon, è la rivalsa politica nella città nera dove tutti si aspettavano vincesse l’ex deputato e già sindaco di An, Vincenzo Zaccheo, la città che conta ancora decine di ex appartenenti ad Avanguardia Nazionale, la città dove tre giorni prima del voto del ballottaggio è iniziato il primo processo per voto di scambio per fatti avvenuti a Latina (nelle elezioni amministrative del 2016) e dove la difesa ha chiamato a testimoniare l’attuale capogruppo della Lega al consiglio regionale del Lazio, poiché uno degli imputati era un suo uomo nelle liste di allora. Latina non ha chiuso i conti con la mafia autoctona, non tutti hanno ammesso né condannato fino in fondo il predominio del clan dei Di Silvio, nonostante due processi e due sentenze di condanna che contengono anche il risarcimento al Comune quale parte civile. E altri procedimenti sono ancora aperti, incluso quello per accertare le responsabilità dell’eurodeputato in carica, Matteo Adinolfi, sparito letteralmente da questa campagna elettorale. Latina si è allineata all’esito del voto a livello nazionale, con l’unica eccezione della città di Trieste e del dato della Regione Calabria, tuttavia è proprio questa la notizia. Il centrodestra non ha vinto nemmeno nella sua, ormai ex, roccaforte. Sono arrivate le congratulazioni del segretario nazionale del Pd, del Presidente e vicepresidente della Regione Lazio, interviste al sindaco da parte dei principali media nazionali, perché, inutile negarlo, la vittoria del primo cittadino uscente non era stata prevista. E se non fosse accaduto? Lo striscione di Falcone e Borsellino chi lo avrebbe esposto in un caldo pomeriggio di ottobre?


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