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Calenda e il fascino del “partito Draghi”

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Da Carlo Calenda una sorpresa subito e una possibile tra qualche mese. Ora c’è stata la sorpresa del Campidoglio: la sua lista elettorale è stata la più votata. Invece tra qualche tempo potrebbe spuntare il magnete del “partito di Draghi”.

La lista di Calenda ha ottenuto più consensi di colossi a livello nazionale: più voti di Fratelli d’Italia (il partito di centro-destra più forte a Roma), del Pd e del M5S. Invece Carlo Calenda, 48 anni, eurodeputato, come candidato sindaco si è piazzato al terzo posto dopo Michetti (centro-destra), Gualtieri (centro-sinistra) e prima di Virginia Raggi (cinquestelle).

È un straordinario successo per niente scontato. L’ex ministro dello Sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni è stato sostenuto solo dalla sua lista elettorale. Non ha voluto l’appoggio di altri partiti o liste. Si è mobilitata Azione, il partito fondato recentemente dall’ex dirigente d’azienda dopo il suo addio al Partito democratico. La sindaca uscente Raggi si è vantata di essere stata «l’unica a tenere testa alle corazzate del centrodestra e del centrosinistra».

In realtà è Calenda l’unico avversario delle “corazzate”, non a caso sia Gualtieri e sia Michetti bussano alla sua porta chiedendo voti per il prossimo ballottaggio alla poltrona di sindaco. L’ex ministro prende tempo perché «ho avuto voti di destra, di sinistra, di centro. Non posso fare apparentamenti, alleanze o accordi con qualcuno. Sarebbe un tradimento verso i miei elettori». Si prepara un braccio di ferro. Ha centrato la sua campagna elettorale contro il degrado della città eterna, sul buon funzionamento dei servizi pubblici disastrati, su un progetto per rilanciare Roma.

Due terribili incendi sono divampati nei giorni delle elezioni nella metropoli: il primo ha semidistrutto il Ponte dell’Industria all’Ostiense, il secondo ha devastato il deposito dell’Atac a Tor Sapienza incenerendo 20 autobus. Sono due dei simboli della Roma degradata con la quale dovrà fare i conti il prossimo sindaco.

L’obiettivo del suo rinnovamento, ha detto il leader di Azione al ‘Corriere della Sera’, si chiama «il riformismo pragmatico». Carlo Calenda si muove non solo a livello locale perché vuole «portare a livello nazionale questo modello».

Dà una linea di marcia, il riferimento politico è il presidente del Consiglio. Intende avere «lo stesso tipo di approccio che ha Draghi con il governo. Lavorare per amministrare, per far accadere le cose piuttosto che scontrarsi tutti i giorni con l’avversario». In sintesi: il modello del «il riformismo pragmatico» è Draghi. Calenda non parla delle prossime elezioni per il presidente della Repubblica, non accenna alla possibile candidatura di Draghi al Quirinale (avanzata sia dall’interno del centro-destra sia del centro-sinistra), non fa riferimento all’ipotesi del “partito Draghi”. Il presidente del Consiglio è un tecnico, un economista senza un partito ma lui un partito ce l’ha, l’ha costruito. Da tempo ha fatto il salto dal mondo delle aziende alla politica: prima con il partito del tecnico Mario Monti, poi con il Pd, quindi con Azione, la sua creatura. Il “partito di Draghi” ha un forte fascino.


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