Angelo Licheri ci ha detto addio all’età di settantasette anni. Era un uomo meraviglioso, una persona mite, gentile e coraggiosissima, devastata dalla sofferenza per non avercela fatta. Si calò nel pozzo artesiano in cui, a Vermicino, era caduto il povero Alfredino Rampi e da quel maledetto giorno di quarant’anni fa nulla era stato più lo stesso nella sua vita. Ci provò in tutti i modi a salvarlo ma non ci fu niente da fare. E in quel pozzo, insieme a un bambino di sei anni, è rimasto l’intero Paese, mentre nasceva e si diffondeva l’orrenda TV del dolore e uno come Angelo non era certo un personaggio degno di nota. Poco fotogenico, scavato, stanco, sembrava un reduce già a quarant’anni, straziato dal rimorso per aver fallito, pur essendo andato vicinissimo a compiere un’impresa che avrebbe salvato la vita a un bambino condannato a morte da troppi errori e innumerevoli imperizie.
La notizia della sua morte ci ha raggiunto in una giornata nella quale si è parlato, per forza dei cose, d’altro, e forse non verrà attribuita la giusta importanza alla scomparsa di un galantuomo che ha segnato per sempre le nostre vite. Perché in quel pozzo, come detto, ci siamo finiti dentro anche noi, con le nostre incertezze, il nostro desiderio di evasione dopo la conclusione degli Anni di piombo, la nostra fragilità emotiva, la nostra voglia di futuro e la nostra paura per un domani che si è poi rivelato un incubo assai peggiore rispetto al passato. Con Alfredino, infatti, abbiamo smarrito noi stessi, quel minimo di umanità che ci era rimasto, quel pizzico di dignità che avevamo conservato nonostante tutto, quel senso della giustizia che in quei giorni è venuto meno, quella bellezza interiore che ha conservato solo lui, Angelo, il soccorritore che non ce l’ha fatta e si è portato dietro il rimorso per ciò che sarebbe potuto essere e, purtroppo, non è stato.
Angelo da quel giorno è sembrato un uomo magnificamente anacronistico, di cui ci ricordiamo solo ora che non c’è più e avvertiamo un senso di dolore che ci resterà addosso per sempre.
P.S. Addio a Franco Cerri, chitarrista jazz di fama internazionale, e Colin Powell, segretario di Stato dell’amministrazione Bush ed elemento cardine di una delle stagioni più tristi e barbare che si ricordino a livello mondiale. Il primo ci mancherà molto, il secondo, oggettivamente, pur con tutto il rispetto che si deve di fronte alla morte, no.
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