Le sorprese non mancano mai in politica. Olaf Scholz, socialdemocratico, ha battuto il democristiano Armin Laschet, erede ufficiale di Angela Merkel. È una sorpresa. La Spd era un partito in coma: all’inizio dell’estate i sondaggi lo davano appena al 15% dei voti mentre la Cdu-Csu era quotata attorno al 35%.
Invece nelle elezioni politiche del 26 settembre le cose sono andate ben diversamente: la Spd ha ottenuto quasi il 26% dei voti e la Cdu-Cus il 24%. L’artefice del successo si chiama Olaf Scholz, 63 anni, avvocato, intellettuale. È un “figlio del partito”: ha aderito agli Jusos, i giovani socialdemocratici, a 17 anni; ha sposato Britta Ernst, ragazza conosciuta militando nella Spd; è stato borgomastro di Amburgo, ministro del Lavoro nel primo governo di grande coalizione con Angela Merkel, ministro delle Finanze e vice cancelliere nel secondo esecutivo tra Cdu-Csu e Spd.
Pragmatico, meticoloso, è un cultore della coesione sociale e della stabilità politica. A chi, qualche mese fa, gli rimproverava la mancanza di slanci emotivi e di carisma, replicava: «Mi candido a cancelliere, non a direttore del circo». Adesso si candida a diventare cancelliere di un governo di coalizione con i liberali della Fdp e i Verdi. Vuole «un buon governo» che porti la Repubblica federale tedesca «verso il futuro». Sarebbe un esecutivo cosiddetto “semaforo” dal colore giallo dei liberali, verde degli ambientalisti e rosso della Spd.
Coesione sociale e stabilità politica sono le sue carte vincenti, analoghe a quelle della cancelliera tedesca. Su questa linea ha sconfitto Armin Laschet, candidato della Cdu-Csu delfino della Merkel, e la lanciatissima candidata Verde Annalena Baerbock. Sia Laschet sia Annalena Baerbock ci hanno messo del loro nell’aiutare l’avversario: hanno contribuito ad autoaffondarsi con una serie di gaffes.
Olaf Scholz ha conquistato il cuore dei lavoratori e del ceto medio quando da ministro delle Finanze ha voluto oltre 300 miliardi di euro in deficit per sostenere l’occupazione e l’economia tedesca devastata dal Coronavirus. Guarda alla realtà difficile del mercato del lavoro. In un saggio ha difeso i lavoratori meno qualificati prendendo le distanze dalle tesi dei progressisti privilegiati meritocratici: «Chiunque non ha una laurea o un lavoro nelle industrie creative è considerato un perdente». Per il futuro ha promesso l’aumento del salario minimo da 9,60 a 12 euro l’ora e la crescita delle tasse per i redditi più alti: «Con il mio stipendio da deputato anche io dovrei pagare più tasse».
Con questa strategia centrista Scholz ha perso nel 2019 la corsa alla presidenza della Spd (vinta da esponenti della sinistra del partito) ma ora ha vinto le elezioni. Con questa strategia centrista il socialdemocratico Scholz di fatto è diventato il vero erede politico della democristiana Merkel, che esce di scena dopo ben 16 anni ininterrotti da cancelliera della Germania.
Adesso Scholz dovrà affrontare una situazione complessa. Dovrà dare vita ad una coalizione a tre, il “governo semaforo”, tra partiti con programmi ed identità diverse. Dovrà trovare un punto d’incontro, non sarà facile. Sul piano sociale ed economico le scelte sembrano abbastanza definite, sulla politica internazionale c’è ancora molta nebbia. La Germania è una potenza centrale dell’Unione europea strattonata tra Stati Uniti, Cina e Russia.