Acciaio, autostrade, banche, trasporto aereo. Tanti settori molto diversi con un dato in comune: il fallimento del capitalismo privato e il soccorso dello “Stato Pantalone”, il salvataggio con i soldi dei contribuenti.
Un tempo Ilva, Autostrade, Alitalia erano aziende di proprietà dello Stato attraverso l’Iri. Dalla fine della Seconda guerra mondiale sino alla morte della Prima Repubblica costituirono la spina dorsale della ricostruzione e dello sviluppo economico dell’Italia. Poi seguirono le privatizzazioni, in non pochi casi delle svendite, in nome dell’efficienza degli imprenditori privati e contro gli sprechi di denaro pubblico. Ma la storia ha prodotto cocenti e costosissime delusioni.
Acciaio. Nell’ex Ilva, e in particolare nello stabilimento di Taranto, hanno fallito sul piano della tutela ambientale e su quello dell’ammodernamento degli impianti prima la famiglia Riva e poi la multinazionale ArcelorMittal. Così il governo Conte due ha aperto il portafogli dando mandato alla società pubblica Invitalia di acquisire l’ex Ilva ribattezzata Acciaierie d’Italia.
Autostrade. Nell’agosto 2018 il crollo del Ponte Morandi a Genova provocò la tragica morte di 43 persone. Il governo Conte uno, soprattutto su iniziativa dei ministri cinquestelle, annunciò la revoca delle concessioni autostradali ad Atlantia, la società della famiglia Benetton. Il tira e molla è durato a lungo, la revoca delle concessioni per il deficit di manutenzione non c’è stata. Quest’anno il governo Draghi ha autorizzato l’acquisto della rete autostradale di Atlantia da parte della Cassa depositi e prestiti (proprietà del ministero dell’Economia) assieme ad alcuni fondi d’investimento internazionali.
Trasporto aereo. Per non spegnere l’Alitalia in perenne stato di collasso si sono susseguiti ben 8 tentativi di vendita ai privati. Alcuni sono andati in porto: dalla “cordata tricolore” sostenuta da Berlusconi alla compagnia aerea Etihad degli Emirati arabi uniti. Tutto inutile. Sono dovuti arrivare ripetuti commissariamenti del governo per evitare il crollo. Alla fine il governo Conte due ha nazionalizzato l’Alitalia. Adesso scompare anche il logo Alitalia: sulle ceneri dell’antica compagnia di bandiera l’esecutivo Draghi dà vita a Ita (Italia trasporto aereo), una società pubblica di piccole dimensioni. Ma anche Ita rischia di partire sotto una cattiva stella.
Banche. Per il Monte dei Paschi di Siena la vicenda è diversa: la gestione pubblica a livello locale provocò la bancarotta, il governo Gentiloni salvò con i soldi pubblici la “più antica banca del mondo” fondata nel 1472. Adesso il ministero dell’Economia (governo Draghi) ha concordato la vendita a Unicredit ma la privatizzazione potrebbe essere solo parziale. La banca pubblica Mediocredito centrale, che già controlla la Banca popolare di Bari, potrebbe rilevare il marchio Monte dei Paschi (al quale non è interessata Unicredit) e circa 150 filiali nel sud Italia.
Lo Stato è proprietario, con varie quote azionarie, di altre importanti aziende: Eni, Enel, Poste, Leonardo, Fincantieri, Rai. Tim, prima società telefonica europea quando era dell’Iri e in caduta libera da quando fu privatizzata, potrebbe tornare in mano pubblica.
Per Adam Smith «la mano invisibile del mercato» crea ricchezza. Tuttavia molte volte i privati e il mercato in Italia causano clamorosi crack, poi interviene lo “Stato Pantalone” a saldare tutti i debiti per diverse decine di miliardi di euro. In non pochi casi lo “Stato Pantalone” piace anche a chi pontificava contro. Lo “Stato padrone” è resuscitato negli ultimi anni.